Con questo articolo inizia una lunga campagna di cui il Giorno del Ricordo è solo una parte. Siamo nel terzo anno del governo Meloni, un governo destinato a durare, il quale sta manifestando appieno il proprio portato reazionario e antisociale e contro cui abbiamo bisogno di trovare una breccia nel muro propagandistico.

Anche quest’anno il 10 febbraio sarà celebrato il “Giorno del Ricordo” e anche quest’anno come ogni anno da vent’anni a questa parte ci apprestiamo a contrastare questa ricorrenza. La nostra avversione verso questa data e ciò che rappresenta si è fatta più profonda di anno in anno, ogni volta che abbiamo scavato nel passato, ogni volta che abbiamo discusso e analizzato i fatti e le scelte compiute sia sul piano storiografico che sul piano politico apparivano sempre più chiari il piano e la strategia e di come questa data sia ancora funzionale a portare avanti le strategie politiche della peggiore destra reazionaria, ma anche di come queste politiche siano diventate merce per qualsiasi sfaccettatura di destra rendendola ormai un unicum indistinguibile. Se venti anni fa poteva essere una semplice battaglia della destra neofascista italiana, occorre constatare che oggi non è più così ma è probabilmente una delle pietre miliari della destra, una destra cresciuta fino a farsi egemonia e governo.
Date come questa italiana del 10 febbraio, come detto, sono state fondamentali per la diffusione -attraverso il revisionismo storico e la riscrittura della storia- della mitologia di destra così come sono fondamentali adesso che la destra si è fatta governo per suggellare e puntellarne il potere.
Negli ultimi anni ci siamo dedicati a studiare e a contrastare le bugie le falsità e le menzogne utilizzate dalla destra e che sono alla base del revisionismo storico rispetto all’argomento Foibe e Alto Adriatico, ciclo cha ha raggiunto l’apice con l'importante convegno di sabato 3 febbraio 2024. Ora nel pieno del terzo anno del governo Meloni, ora che abbiamo ben chiara qual’è la strada che lo stesso sta tracciando per il paese e quali fili neri sta tessendo a livello internazionale che crediamo si debba riuscire a relazionare date come il 10 febbraio con la governamentalità e quindi la trasformazione di queste da apripista in fondamenta del consenso. La destra non ha nulla di positivo da offrire alla popolazione che governa, il massimo dell’offerta è l’orgoglio nazionale, il nazionalismo bellicoso, il patriottismo razzializzato, sentimenti che aizzano i peggiori istinti che come vediamo, al momento, sono la base del consenso dietro il quale viene occultato il peggioramento delle condizioni di vita.
Il sistema liberale ha la menzogna tra i suoi cardini, ai cittadini affannati a portare avanti vita e famiglia viene sempre raccontato ciò che più fa comodo, vengono descritte fantasticherie inesistenti, grandi progressi sociali e possibilità -intrinseca al sistema- di arricchimento per tutti e tutte grazie all'efficienza del “libero mercato” e al sistema della meritocrazia. Libero mercato e meritocrazia però non scaldano i cuori, non portano una parte consistente della popolazione a parteggiare strenuamente e incondizionatamente a difesa del sistema politico e valoriale incarnato dal neoliberismo, il quale, vive una crisi di consenso molto forte tra una delegittimazione popolare, ormai di lungo corso, delle istituzioni transnazionali e una più recente delegittimazione “istituzionale” da parte della destra moderna decisa a rimodellare i sistemi di governo e gli equilibri di potere. Questa destra è destra estrema, quella uscita sconfitta dalla seconda guerra mondiale che però a partire dagli anni novanta è stata capace di adattarsi e reinventarsi, di infiltrarsi nelle crepe del sistema valoriale post guerra fredda e che traendo linfa vitale dalle sciagurate politiche delle istituzioni neoliberali è riuscita a crescere fino ad oggi, fino ad avere la possibilità di modellare a proprio piacimento parti importanti del sistema sociale in cui viviamo. Il ritorno di Trump alla casa bianca apre decisamente alla possibilità di trasformare questo scenario in una triste e pericolosa realtà.
Non è in discussione l’economia neoliberista ma il sistema valoriale e il passaggio da sistemi di governo a sistemi di comando. In questo modo destra e capitalismo tornano ad andare a braccetto sostenendosi e assicurandosi a vicenda la brama di potere dell’uno e di profitto dell’altro.
Come detto la destra italiana ha avuto nella questione delle Foibe e dei fatti dell’Alto Adriatico una tappa importante per la propria crescita e per il proprio percorso verso il governo del paese, così come tutte le conseguenti battaglie politiche sull’identitarismo e sul patriottismo ne hanno rafforzato la presa su un corpo sociale estremamente individualizzato alle prese con un impoverimento costante e spaventato dal futuro incerto. Queste politiche volte alla costruzione del nemico interno servono, allo stesso tempo, a puntellare e ad accrescere il proprio assetto di comando e a nascondere le reali politiche che andranno ad impattare sulle nostre vite, sono una narrazione tesa a farci credere che siamo tutti sulla stessa barca quando questo non è assolutamente vero. In piena continuità con il passato la destra fomenta sentimenti patriottici e nazionalisti per difendere e mantenere salde le proprie redini e assicurare i profitti dei capitalisti.
C’è però una differenza di non poco conto tra ieri e oggi. Ieri difendevano il capitalismo nazionale -dal quale furono concepiti e finanziati-, oggi difendono un capitalismo internazionale che ha in quello anglosassone il proprio padrone.
Così mentre il governo meloni celebra giornate di (presunto) orgoglio nazionale come il giorno del ricordo o la giornata nazionale della memoria e del sacrificio degli alpini e propaganda quasi quotidianamente una nuova prospera e più forte comunità nazionale nasconde le proprie reali politiche. Ogni giorno viene raccontato che va tutto bene, che l’economia galoppa, la disoccupazione cala e che siamo tutti fiduciosi verso un futuro radioso guidato dal carisma internazionale della premier. Solo che le cose stanno diversamente.
Dall’insediamento del governo la produzione industriale continua a calare, tre imprese su dieci sono pronte a cessare l’attività nel breve periodo, la crisi dell’auto continua la sua desertificazione operaia a fronte dei profitti degli investitori, i trasporti sono nel caos, l’inflazione cresce lentamente ma costantemente, gli stipendi rimangono bloccati, il potere d’acquisto cala di giorno in giorno, la questione della sicurezza sui posti di lavoro non viene trattata nonostante i più di tre morti al giorno sul lavoro, l’unico settore di riferimento è quello del turismo che vive di lavoro nero precario e sottopagato e che sta devastando l’abitabilità delle città con la turistificazione di massa e la piaga degli affitti brevi. A fronte di tutto ciò, che è solo una parte della descrizione della la situazione reale e a fronte di una sbandierata difesa delle produzioni e dell’interesse nazionale il governo meloni sta lasciando mano libera alle acquisizioni di multinazionali e fondi di investimento internazionali che fanno spesa sulle spalle e sulle vite dei cittadini italiani. Questa destra e l’odierno governo Meloni si dimostrano come sempre fedeli esecutori dei dettami del capitalismo trovandosi al posto giusto nel momento giusto, e non per caso. I governi di questa destra, alla guida di buona parte dei paese occidentali sono necessari per affrontare la difficile situazione internazionale in cui si è aperto lo scontro per la riorganizzazione degli assetti di potere e per la quale sono necessari governi capaci di gestire nella maniera più decisa la fase di divorzio tra capitalismo e democrazia.
L’opposizione al Giorno del Ricordo non è solo una lotta contro il revisionismo storico e la riscrittura della storia ma, al contempo, è anche una lotta per smascherare le politiche della destra, per palesare come la stessa utilizzi il piano ideologico per trarre e mantenere consenso mentre persegue politiche antisociali.
Scendere in piazza contro il Giorno del Ricordo è necessario perché ci proietta direttamente verso le due date simbolo a cui mira la reazione storica e politica della destra, il 25 Aprile -ricorrenza della liberazione dal nazifascismo- e il 1 maggio- festa dei lavoratori-.
Scendere in piazza è oggi più che mai importante per impedire il dilagare estremistico di questa destra.
Scendere in piazza è importante per socializzare l’opposizione al governo Meloni e alle politiche della destra, per rompere il muro di propaganda che maschera la realtà dei fatti e per immaginare, collettivamente, una uscita a sinistra da questo fosco momento storico.
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