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IL VENTENNALE DEL “GIORNO DEL RICORDO” E I TEMPI MATURI

In vista del ventennale del “Giorno del ricordo”, che ci vedrà in piazza come ogni anno a contrastare le destre, proponiamo un ciclo di incontri per parlare di  chi da sempre nasconde la polvere sotto il tappeto, di chi è rimasto in silenzio in tutti questi anni, di chi ha negato le proprie responsabilità per gli accadimenti dell’alto adriatico nella prima metà del secolo scorso e che ha preparato il brodo di cultura che sta permettendo alla destra di negare la verità storica, mistificare la realtà e basare l’istituzionalizzazione di questa giornata su falsità invenzioni bugie e omissioni.





“I tempi non sono maturi” è la frase di risposta delle autorità italiane alla richiesta delle associazioni partigiane italiana, slovena e croata di presenziare a livello istituzionale alla commemorazione e alle giornate di incontro e dibattito per l’ottantesimo anniversario della liberazione del campo di concentramento di Arbe sull’isola croata di Rab, all’epoca sotto occupazione italiana.

Per lo stato italiano non è ancora giunto il momento di fare i conti con la propria storia e le azioni criminali del ventennio fascista né tantomeno di come lo stato repubblicano ha affrontato questi ultimi ottanta anni. Anni di silenzi, omissioni e mistificazioni che hanno preparato il terreno prima all’istituzione del “Giorno del Ricordo” e successivamente negli ultimi venti anni ai tentativi di glorificazione di quanti si resero complici e partecipi dei crimini nei territori dell’alto adriatico. 


Nella nostra città abbiamo cercato da subito di contrastare il “Giorno del Ricordo”, la sua prospettiva revisionista e deresponsabilizzante attraverso cortei, presidi, dibattiti e approfondimenti e negli ultimi anni si è cominciato a ottenere qualche risultato. 

Per focalizzare in maniera chiara,il percorso fatto dagli spazi sociali negli ultimi tre anni sull'antifascismo in generale e il revisionismo storico nello specifico, partiamo da una citazione della militante Maddalena Greta Cammelli, tratta dal libro “Antropologia di una pandemia”, per il quale l’autrice ha contribuito con uno scritto dal titolo "Il potere delle parole. Il politicamente corretto, vergogna, morale", dando una definizione dell'antifascismo dettagliata e completa: "L'antifascismo, se va recuperato, ha senso intenderlo come un insieme di pratiche capaci di dare vita a una resistenza articolata del tessuto sociale attraverso miriadi di forme ed esperienze differenti, capaci di nutrirsi e rafforzarsi vicendevolmente, che muovono  corpi e vite reali. Quando separato da tali pratiche, quando elevato a simulacro di lontane memorie passate, ecco che l'antifascismo diventa non più un insieme di pratiche di resistenza, bensì un astratto contenitore ideologico". 

Già, quali sono quelle pratiche che fanno sì che l'antifascismo non sia un contenitore ideologico vuoto ma bensì qualcosa di dinamico e attuale?

Sono sicuramente la lotta per il diritto all'abitare, le lotte sindacali che organizzano quegli spezzoni di società altrimenti invisibili agli occhi dei più, i presidi sociali permanenti che fanno in modo di incontrare i bisogni dei ceti subalterni attivando solidarietà di classe, iniziative culturali strutturate che tendono alla collettivizzazione dei saperi, le assemblee, le lotte transfemministe, quelle per l'ambiente ecc ecc.

È grazie ai militanti che portano avanti questi progetti, lavoratrici e lavoratori, studentesse e studenti, che queste pratiche forgiano la certezza di un antifascismo vivo e non ideologico.

Su questi pilastri due anni fa si è riusciti a costruire un appello alla città con ben più di 200 firme che sottolinea l'attenzione sul 10 febbraio, ufficialmente “Giorno del Ricordo" ma che nella realtà si palesa come giornata dell'orgoglio fascista. L’appello, oltre a descrivere la vera natura del “Giorno del Ricordo” chiedeva alle istituzioni di non presenziare nella piazza della destra cittadina per non avallare la memoria tossica di quella giornata. Da allora tanti altri passi sono stati fatti contro la cosmesi storica della destra, da un documento critico da parte di ANPI e CGIL all'invito a Eric Gobetti da parte della stessa ANPI per la presentazione del libro “E allora le Foibe” proprio il 10 febbraio dello stesso anno che ha visto la partecipazione del sindaco e altri esponenti della giunta comunale. Lo scorso anno invece abbiamo organizzato un ciclo di conferenze diviso in due momenti: il primo con il collettivo Nicoletta Bourbaki per lavorare sulla riabilitazione dei fascisti tramite una presunta verginità e innocenza, il falso storico e l'utilizzo strumentale della toponomastica (come il caso Ghersi a Savona), mentre con Davide Conti abbiamo sottolineato ciò che ha preceduto i morti sul finire della guerra in quel territorio che viene definito "confine orientale", analizzando l'invasione della Jugoslavia da parte dell'Italia nel 1941 soffermandosi su l'italianizzazione di un territorio che da sempre ha subito l'influenza di più culture come quella slovena, croata e italiana. Non è un caso che il fascismo in quei territori da sempre meticci ha consolidato l'omogeneizzazione culturale patriottica attraverso l'irredentismo più becero. Inoltre in una conferenza tenutasi nella sala del Consiglio Comunale, in data 10 febbraio 2023, lo storico Tenca Montini ha ristabilito un ordine nella narrazione confutando i concetti di sterminio ed esodo. Infine, lo scorso anno, nessun rappresentante dell’amministrazione ha partecipato alla commemorazione e la destra ha promosso la propria farsa lontano dai luoghi istituzionali.

Insomma quello che è avvenuto a Reggio Emilia, in totale controtendenza nazionale, è qualcosa di importante perché in questi ultimi due anni la forte azione sul territorio unito allo studio dei militanti è riuscita ad arginare il revisionismo storico. Proprio quest'ultimo infatti negli ultimi 20 anni ha imposto la memoria di un ristretto gruppo di nostalgici repubblichini, reduci di Salò, alla memoria di tutto il paese sovrapponendo quindi il lutto della destra estrema alla memoria del paese intero con un vero e proprio lifting storico che ha causato danni irreversibili. Oltretutto il giorno del ricordo cade non a caso, in una data molto vicina a quella del 27 gennaio,  in cui si ricordano i 6 milioni di morti della Shoah. In questo modo il revisionismo storico della destra ha approfittato di quell'onda emotiva cercando di olocaustizzare il mito delle foibe. 


E quest'anno?

La riflessione sul revisionismo quest' anno partirà dal silenzio che l'ha reso possibile, quella complicità taciuta, accademica e istituzionale, che negli anni è diventata sempre più grave. 

Con gli storici Domenico Vitale e Carlo Ugolotti, giovedì 18 gennaio, rifletteremo su cosa si sia sorretta per anni la bugia del falso storico, questo grazie anche agli omissis sui campi di concentramento italiani come Arbe o Gonars.

Il 25 gennaio invece con Claudia Cernigoi parleremo della sedicente martire fascista Norma Cossetto, personaggio alla ribalta nella toponomastica nazionale e non solo. Come abbiamo fatto lo scorso anno per la Ghersi analizzeremo lo schema che la destra tramite bugie e falsi storici utilizza per la riabilitazione dei carnefici, tra cui infantilizzazione della vittima, utilizzo dei particolari voyeuristici utili ad una strumentalizzazione del corpo della donna e decontestualizzazione dalla complessità storica di quegli anni. Sottolineiamo che più di una volta la Cossetto è stata proposta agli oneri della toponomastica cittadina dalla destra locale, fortunatamente al momento senza successo, ma con una polemica addirittura nazionale. 

Il 3 Febbraio invece sarà la volta di Piero Purich, Alessandra Kersevan e Davide Conti, con i quali, in una conferenza che garantisce spessore e qualità, parleremo del fenomeno foibe a tutto tondo, dall'utilizzo improprio dei concetti di pulizia etnica ed esodo, passando attraverso l'excursus storico che ha permesso la chirurgica operazione di sovrapposizione della memoria storica fascista a quella nazionale, un filo diretto che passa anche attraverso il terrorismo nero e i tentativi di golpe all’apice delle lotte operaie e studentesche della seconda metà del ‘900.

Comprendere e socializzare il perché per le istituzioni italiane i tempi non sono ancora maturi è una questione che riguarda tutti ed è strettamente collegata all’istituzione del “Giorno del Ricordo" e al racconto dei fatti del confine orientale/alto adriatico. Sta ancora a noi aprire le crepe per far crollare il castello di menzogne su cui si basa la narrazione e la forza della destra italiana in questa fase storica.



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I TEMPI NON SONO MATURI - ciclo di incontri in vista del ventennale del "Giorno del ricordo"


Giovedì 18 Gennaio h.21:00 ℅ Casabettola


CONFINE ORIENTALE/ALTO ADRIATICO. 

DA CHE PARTE VENGONO I SILENZI.

lo stato italiano alla prova dei fatti.


Ne discutiamo con:

- Domenico Vitale - Storico, Istoreco 

- Carlo Ugolotti, Storico, università di Parma/Istoreco


Dal 1945 ad oggi nessun rappresentante dello stato italiano è andato in visita al campo di Arbe. In occasione delle celebrazioni dell’ottantesimo anniversario della chiusura (a seguito dell'armistizio dell’8 settembre 1943) le autorità italiane furono invitate, al pari di quelle slovene e croate, a partecipare alle cerimonie. Ancora una volta lo stato italiano è stato l’unico a non mandare nessun suo rappresentante a queste cerimonie di ricordo. Arbe è paradigmatico di come lo stato italiano si rapporti alle vicende dell’alto adriatico ed è da questo che vogliamo partire per parlare di chi, come e perché mantiene realmente il silenzio sviando la responsabilità della propria parte.




GIOVEDì 25 GENNAIO h.21:00 ℅ Centro Sociale Gatto Azzurro


NORMA COSSETTO, utilità e mito di una falsificazione storica. 


Dibattito con Claudia Cernigoi, scrittrice di vari libri sull’argomento tra i quali  “Operazione Foibe” e “La foiba dei miracoli”. In prossima uscita con un nuovo lavoro sull’argomento. 


Per consolidare l’analisi sulla cosmesi storica attuata da tutta la destra italiana con lo scopo di riabilitare il fascismo e i fascisti nell’immagine pubblica, minimizzando le colpe e sminuendo la pericolosità dell’influenza dell’ideologia post-fascista nella destra di governo fino a quella dichiaratamente neofascista che ancora agisce nelle strade. Approfondiremo quindi l’analisi sull’impianto narrativo che in maniera tossica ricostruisce una verginità ai carnefici e agli oppressori.




SABATO 3 FEBBRAIO h.16:00 ℅ GHIRBA- Gabella di via Roma 



CONFERENZA

FOIBE. scelte politiche e responsabilità dello stato dal dopoguerra a oggi. 


Interverranno:


Alessandra Kersevan - Storica, scrittrice ed editrice 

Piero Puric - Storico e scrittore 

Davide Conti - Storico scrittore e giornalista


Dal 2004 ad oggi, nell’arco di questi 20 anni, storici in malafede insieme a politici di destra, hanno imposto la memoria di uno sparuto gruppo di reduci della repubblica sociale all’intero paese. 

Un’operazione di “lifting storico” che con l’essenziale complicità del centrosinistra ha imposto un ribaltamento normativo della storia ufficiale creando la vittimizzazione dei fascisti e la criminalizzazione di chi li ha combattuti. Questa mitologia del martirologio viene imposta tramite la narrazione falsa e pretestuosa delle foibe e dell’esodo istriano, affinata tramite concetti inappropriati come l’utilizzo della locuzione “pulizia etnica”. Così il 10 febbraio del 1947 data che con la conferenza di Parigi  ha stabilito la sconfitta del nazifascismo, relegandolo nella parte più buia della storia mondiale ma che in Italia da giornata di giubilo, è diventata giornata di lutto dove si celebra il falso storico della vittimizzazione fascista. La cosa più grave di tutto ciò è che nel presente la memoria dei carnefici sia diventata memoria collettiva e istituzionale.

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