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Per una gestione Socialista della pandemia.

Ribaltare l'emergenza, forzare la crisi.



In questo lunghissimo anno di pandemia abbiamo provato con grandissima tenacia a non farci distrarre dalle tentazione evocativa della resilienza, che tanto va di moda oggi e che richiama ad una nuova "forma" antropologica dell'uomo liberale, sfruttato e compiacente della propria condizione. Al contrario abbiamo cercato di focalizzare sempre lo sguardo, la cura, l'azione e l'attenzione alla "sostanza" che il tempo e il mondo ad oggi, a queste latitudini, ma anche ad altre, ci consegnano. Abbiamo applicato la ragione nel dipanare i nodi gordiani che ci si sono presentati davanti, ed abbiamo applicato la forza Comunitaria nell'agire un piano di resistenza. Non è un esercizio facile, ma si è reso necessario. Adesso, pensiamo sia il momento di moltiplicare questi sforzi per andare oltre lo stato d'emergenza, di cui il greenpass è più che altro un' ipocrita elemento di distrazione di massa . Questo testo che proponiamo è rivolto a compagnə, che fin qui abbiamo accanto e a coloro che avremo accanto dal giorno dopo, quale esso sia, ovunque siano.

Dopo più di un anno e mezzo dallo scoppio della pandemia da Covid19 è sempre più chiaro che non sono solo tanti piccoli problemi particolari che, sommandosi, concorrono a generalizzarne il carattere che la porta ad investire ogni ambito delle nostre vite, ma che essa è anche e soprattutto un organismo acceleratore della situazione di caos che viviamo all'incirca dal 2008. Caos che ha preso il via dallo scoppio della bolla dei mutui subprime ma che via via è andato aumentando, con l’esplosione della crisi climatica, delle fortissime ondate migratorie nonché dell’evoluzione multipolare sul piano politico mondiale.

La “crisi del covid19” ha accelerato processi già in corso, aggiungendo nuovi elementi di incertezza; ma allo stesso tempo ha contribuito ad alzare sensibilmente il livello di attenzione e di espressione politica della società, e lo ha fatto rendendo palesi, ad una massa sempre più numerosa di individui, le storture del sistema sociale dominante.

Il carattere sistemico della pandemia, come viene detto da più parti, è dato proprio dall’inadeguatezza sistemica neoliberale nel fronteggiarla.

La pandemia sta producendo anche una serie di polarizzazioni, sia su un piano verticale che su un piano orizzontale - con queste ultime che, al momento in cui scriviamo, hanno maggior vigore e maggiore visibilità, probabilmente in maniera direttamente proporzionale alla loro inutilità. Ma è sulle prime che dobbiamo investire maggiormente. La fase di caos durerà ancora a lungo e per questo il nostro compito è quello di lottare in ogni luogo ed investire seriamente sulla costruzione collettiva di un pensiero che si ponga in diretto contrasto politico e sociale, a partire dalla gestione della pandemia.

La pandemia sta mostrando a tutti, anche ai più renitenti, qual è il carattere del sistema liberale, i suoi obiettivi e i mezzi attraverso i quali li persegue: la produzione e il profitto privato davanti alla cura e alla protezione del corpo sociale, la transizione ecologica come ulteriore accumulazione e concentrazione del capitale, la noncuranza (nonostante le evidenti carenze rese visibili a tutti) verso istruzione e sanità pubbliche, la ricerca continua di capri espiatori tra i settori sociali popolari da gettare in pasto a media embedded zeppi di giornalisti faziosi, e la capacità tutta italiana, per ora, di forzare al limite le più elementari regole democratiche.

Dall’incarico a un premier che persegue altrui interessi alla normalizzazione dei decreti emergenziali e della fiducia come clava e ricatto sul parlamento, il tutto con l’approvazione sguaiata dei media più influenti del paese e dei loro editorialisti liberal. Si governa dunque ancora e sempre più per decreto, senza una visione a lungo termine sugli effetti delle decisioni prese. E’ lo stato di emergenza che permette tutto ciò e allinea tutti i difensori dello status quo, ed è il primo elemento che dobbiamo rifiutare da ora in poi.

Non possiamo più accettare la proroga di tale stato dopo quasi due anni dallo scoppio della pandemia. Se al 31 dicembre saremo ancora in una tale emergenza da giustificare un rinnovo di questo “status speciale” sarebbe palese l'inadeguatezza, sia di chi governa che di come governa, così come la volontà politica di continuare a governare fuori da ogni regola democratica.

Da settembre 2020 a settembre 2021 l’unica cosa che è cambiata è l’aumento percentuale delle persone vaccinate e l’introduzione del green pass. Il resto è rimasto identico: modello di contenimento della pandemia inesistente al di fuori della campagna vaccinale, nessun investimento aggiuntivo su sanità istruzione e trasporti pubblici, comunicazione confusionaria come e più di prima, decisioni prese secondo i dettami Confindustriali con annessa continua strage dei lavoratori nel silenzio e nell’inazione istituzionale.

La pandemia ha rotto gli schemi. Quelli degli apparati di governo e di comando sicuramente, ma ha rotto pure i nostri e di questo dobbiamo farcene carico. A partire dalla “nostra” idea sul modello di gestione della pandemia, il quale avrà il suo riverbero nel modello sociale che andrà affermandosi nel post-pandemia - perché anche questa pandemia avrà una fine.

Prima di affrontare questo nodo abbiamo bisogno di affrontare il tema del momento. Abbiamo già detto che riteniamo il Green Pass (GP) un effetto della gestione poliziesca della pandemia ma siccome sta ripartendo la stagione degli spazi sociali e siccome anche nella nostra città la discussione attorno a questo strumento è aperta e serrata vogliamo chiarire alcuni aspetti di ciò che abbiamo discusso e scritto in questi mesi e delle scelte che abbiamo fatto fino ad oggi.

Green Pass: Il GP è, nella pratica, un certificato di avvenuta vaccinazione, diverso ne è il significato politico e sociale. Innanzitutto è lo strumento paradigmatico del modello gestionale della pandemia. Uno strumento che viene descritto “liberatorio” ma che invece ha una funzione disciplinante e inoltre è la rappresentazione plastica dell'inazione governativa (occidentale) per un reale contrasto nella propagazione del virus secondo una logica universalistica. Il GP, sul piano sociale,nella quotidianità, è un tentativo maldestro di coercizione per spingere la popolazione più restia a vaccinarsi. Questo dimostra quanto poco interesse ci sia per un contrasto lungimirante alla pandemia, un ennesimo provvedimento confusionario il cui prodotto non è stato un aumento delle vaccinazioni, già peraltro con una percentuale elevata in rapporto vaccini/popolazione ma l’aumento e la radicalizzazione di teorie complottiste e antiscientifiche. Contestualmente ha prodotto ulteriore discriminazione ed esclusione verso quei settori sociali già ampiamente discriminati ed emarginati dalla società. Migranti, soggettività transgender, uomini e donne che vivono in strada si ritrovano per l’ennesima volta vittime di questa società in cui la piena cittadinanza dipende dai documenti che porti in tasca.

Il GP è un provvedimento concepito durante lo stato di emergenza cui siamo sottoposti da mesi, un provvedimento emergenziale e quindi per sua stessa natura parziale, escludente, e questo tipo di provvedimenti non vanno mai nella direzione di un benessere sociale diffuso ma servono, nel profondo e in linea generale, per preservare i privilegi di pochi a discapito di tutti gli altri. In questo caso preventivamente, perché situazioni di caos come quella attuale mutano le società e nessuno sa a priori come e in che modo questo caos sarà risolto. In questi casi, anche se può non sembrare, niente è escludibile a parte un passato che non può tornare.

GreenPass e Spazi Sociali: Nelle ultime settimane abbiamo letto delle molte polemiche riguardanti la scelta da parte di molti spazi sociali o di aggregazioni politiche altre rispetto agli spazi sociali di richiedere il GP per iniziative pubbliche seppur attraverso una analisi critica dello strumento in essere e trovando il modo di non escludere nessuno dalla possibilità di partecipare agli eventi. Anche noi non siamo esclusi da questo vortice di accuse. Quello che non dobbiamo dimenticare, ed è ciò che in parte ci contraddistingue da altri, è che siamo dinamici e non statici; una scelta, una decisione, soprattutto se controversa, presa dopo innumerevoli ore di discussione, non è per sempre. E’ la capacità di alternare e intrecciare prassi e teoria che ci può portare a fare scelte contraddittorie, criticabili, è nella natura di chi sperimenta esporsi, ed è nella natura di chi si espone ricevere critiche. Gestire uno spazio con logiche opposte al profitto porta ad un diverso approccio, sia per quella che era una normalità pre-pandemica che una situazione di criticità come quella pandemica attuale. Ciò che ci contraddistingue è sempre che al primo posto resta la cura e la solidarietà collettiva di chi frequenta gli spazi. Queste cura e solidarietà sono messe in campo dapprincipio da chi gestisce gli spazi ma trovano la loro maturità soltanto nell’interazione e nel confronto con chi li frequenta, sia da chi lo fa in maniera assidua che da chi lo fa in maniera saltuaria o occasionale. Le scelte fatte si misurano così con una molteplicità di vedute, pensieri e posizioni differenti, le quali concorrono nel tempo a definire meglio proprio l’approccio e la prassi della cura e della solidarietà collettivi. E’ in questo modo che siamo abituati ad agire ed è in questo modo che affronteremo questo momento di riapertura degli spazi sociali, una situazione nuova per tutti, alla luce del fatto che l’autunno/inverno scorso gli spazi sociali erano “chiusi”(solo le attività di mutualismo e sostegno alle famiglie in difficoltà del territorio continuavano a funzionare) e che durante l’estate c’è stata la possibilità di restare all’aperto. Detto questo, partiamo dal dato che è necessario da parte nostra permettere a tutti di poter partecipare agli eventi, vaccinati e non, ma di farlo in modo che ognuno che si trovi all’interno dello spazio possa godersi l’evento nella sua piena tranquillità e nel contempo ridurre al minimo le possibilità di focolai. Partiamo da GP e tampone rapido per i non vaccinati perché al momento è la strada più sicura rispetto alla gestione degli spazi chiusi, consapevoli del fatto che non è la soluzione e che con il passare degli eventi faremo ulteriori ragionamenti rimettendo in discussione le scelte fatte, sulla base dei dati chiari che ci daranno gli eventi, dall’andamento pandemico e dal cambiamento stagionale delle prossime settimane.


Dagli spazi sociali alle piazze l’approccio deve essere il medesimo, senza timori. Riteniamo necessario, in questo autunno ancora in piena fase pandemica, aggredirne la criminale gestione liberale. Abbiamo già analizzato piazze diverse dalle nostre ed abbiamo chiaro che le lotte presentano sia una dimensione orizzontale di unità che una verticale di alternativa alla governamentalità liberista.

Con queste premesse affrontiamo anche la confusione attuale, sapendo cioè che occorre riappropriarsi dei mezzi di produzione della vita sociale, dell'essere parte attiva della società.


Occorre fare uno sforzo e avere il coraggio di dire che esiste una diversa gestione politica e sociale sia dentro che oltre la pandemia, una gestione che sia socialista e di farlo partendo e misurandosi con la piazza. Perchè dalle piazze prenda corpo. Una gestione socialista della pandemia è anzitutto in antitesi con la gestione liberale della stessa, è benessere collettivo contro il profitto di pochi all’interno di una relazione di e tra classi. E’ quindi una gestione opposta a quella odierna in materia di contenimento della diffusione del virus, chiusura repentina laddove si sviluppino focolai tamponi a tappeto isolamento dei positivi tracciamento che funziona(e non l’inefficiente tracciamento nel nostro paese). E’ una comunicazione che dia certezze e non crei confusione, nonostante i social network e la loro capacità di massificare la veicolazione di tutto e del contrario di tutto, un governo con una linea chiara che poggi su basi scientifiche e non a metà tra scienza e superstizione è possibile. E’, dunque, la necessità di portare al centro la scienza dandogli l’importanza e la dignità che merita e non il ruolo da comprimario in confusione in cui è relegata oggi. Ricostruire la fiducia verso di essa. La scienza non è neutra ed è per questo che è un terreno di lotta, sia dal punto di vista politico per strapparla all’asservimento al sistema capitalista che dal punto di vista sociale per contrastare il pensiero metafisico/religioso che da troppo tempo inficia lo sviluppo della nostra società. E’ lo scontro pubblico/privato dove non accettare più la spesa esorbitante per il finanziamento di strutture sanitarie, ospedali, scuole, università e trasporti privati. Reclamiamo l’azzeramento dei finanziamenti pubblici per tali strutture e il dirottamento dei fondi al pubblico. Gli ospedali pubblici continuano ad avere carenza di fondi e mezzi ma fondi e mezzi ci sono e vengono fagocitati da luoghi il cui interesse non è la cura ma il profitto derivante dall’ospedalizzazione quando la “malattia” è già manifesta, quindi la non prevenzione della stessa perché la prevenzione nel sistema capitalista è “una spesa” e non porta profitto. Una gestione socialista è il ripristino della sanità di prossimità, essa si una sanità di prevenzione e non di mera ospedalizzazione, ed è anche preventiva rispetto alla messa sotto stress dei reparti ospedalieri che abbiamo conosciuto bene nei mesi scorsi.

Una gestione socialista è usare i finanziamenti alle scuole private/paritarie per rimettere in sesto la scuola pubblica. Oltre alla messa in sicurezza delle strutture già in attività vuole dire che in questo anno si sarebbero predisposte nuove strutture per cercare di ridurre al minimo la possibilità di ritrovarsi nello stesso identico punto dell’anno scolastico passato. Il governo su questo piano non ha fatto nulla, l’anno scolastico 2021/22 è partito esattamente come quello del 2020/21, le uniche novità sono la campagna vaccinale e il già citato GP, poco o nulla per affrontare un intero anno scolastico. E’ rimettere al centro i docenti e investire per la loro formazione continua, una campagna meticolosa che investa tutto il corpo docente dai nidi alle università. E’ una riforma dei programmi scolastici, è inserire materie di educazione ambientale ed educazione alimentare in ogni scuola di ordine e grado.

Per fare crescere la forza necessaria, per essere un fattore in questo lungo periodo di caos che è ben lungi dall’esaurirsi e all’interno del quale essere protagonisti rompendo l’inerzia e la parzialità nella quale siamo oggi.

Ci troviamo nelle piazze, c’è tanto lavoro da fare.

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