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L'ANTIFASCISMO ITALIANO ALLA PROVA DELL'ESTREMA DESTRA DI GOVERNO

C’è un mantra ripetuto ossessivamente dai denigratori dell’antifascismo, ovvero che non c’è un pericolo di ritorno al fascismo. Ma ciò che omettono scientemente è che oggi i (post)fascisti sono al governo, esprimono il presidente del consiglio, hanno un disegno politico ben preciso e che questo ha gli stessi obiettivi di sempre.


Quando abbiamo iniziato a ragionare e a scrivere riguardo al governo Meloni abbiamo cercato di sottolineare la caratteristica che maggiormente saltava agli occhi già allora e che era frutto di una osservazione dei processi di avanzamento della destra italiana nel suo complesso, la quale risultava decisamente in linea con il resto della destra europea e il cui primo obiettivo è quello di rovesciare il piano culturale e valoriale del paese, continuare quell'opera di cambiamento di mentalità necessario affinché i cambiamenti epocali in atto nel sistema capitalista seguano senza troppi e con meno resistenze possibili. Ma se questo è invisibile ai più, a quanti hanno da tempo abbandonato la lettura dei processi sociali e politici secondo lenti di classe vi è un aspetto, un sentimento molto chiaro che dovrebbe essere avvertito ed essere compreso più facilmente, il sentimento di odio e di rivalsa che i post-fascisti oggi al governo in Italia nutrono verso una repubblica, una democrazia costituzionale ed una società antifascista che li ha messi ai margini per molto tempo. Non passa giorno, non c’è argomento per cui non ci sia una qualche colpa da additare al comunismo o alla sinistra nel suo complesso, o più provocatoriamente all’antifascismo nel tentativo di associarlo al racconto negativo proprio verso ogni aspetto che riguardi il campo di sinistra.

È un processo lineare che va avanti da tempo ma ancora troppi sembra non ne abbiano contezza, che sia palese quanto le nuove giornate nazionali di celebrazione come quella “del ricordo” o la freschissima “giornata nazionale della memoria e del sacrificio degli alpini”, che si palesi attraverso una battaglia minore o nel classico modus operandi di individuazione del nemico interno, il rave, l’occupazione di case, la questione carceraria o il reddito di cittadinanza, la propaganda è martellante e mira a squalificare dal dibattito e dal pensiero pubblico ogni pensiero o ideale proveniente dalla sinistra della politica e della società. Da notare che tale operazione viene eseguita riguardo ad aspetti che non rappresentano assolutamente problematiche reali e materiali rispetto al sistema paese e che al piano valoriale si accompagna il piano punitivo, con nuova legislazione che prevede anni di carcere in particolare quando il nodo principale ruota attorno alla proprietà privata.

Quanto sta accadendo nel nostro paese non è un fatto isolato ma un trend consolidato in tutta Europa con il consenso del liberalismo europeo il quale si conferma incapace di riconoscere, per l’ennesima volta, la pericolosità di tale scelta di campo.

L’italia è il primo paese europeo al di qua della ex cortina di ferro ad avere un governo a guida di estrema destra il quale prova decisa ammirazione per i regimi dell’est, non per niente Giorgia Meloni ha più volte indicato la Polonia come modello di riferimento.


L’antifascismo è l’obiettivo principale della destra italiana, screditarlo è di fondamentale importanza per aprire la strada alla reazione e siccome esso è profondamente legato alla parte sinistra, profondamente radicato nella cultura e nei valori della sinistra lo schema è attaccare l’uno per indebolire l’altra e viceversa. Ma dobbiamo essere noi i primi a non farci ingannare e risucchiare in questa spirale, l’antifascismo non è e non deve essere solamente patrimonio della nostra parte o ancor peggio solo della parte militante della stessa. L’antifascismo è una pratica politica ma non è e non può essere una teoria o una proposta politica e questo nonostante sia la base delle democrazie costituzionali nate dopo la liberazione dell’Europa dal nazifascismo, la base culturale e valoriale delle nuove società sorte dalle ceneri della guerra secondo il concetto universalistico del diritto, che sostituì quello delle democrazie liberali in cui il diritto alla proprietà privata era l’unico e fondamentale diritto riconosciuto.


Squalificare l’antifascismo per attaccare la democrazia costituzionale, attaccarne i principi e l’impostazione universalistica, scardinare le ultime resistenze per una revisione costituzionale, il presidenzialismo, il fascino della democrazia illiberale che viene dall’est, la triade Dio/Patria/Famiglia al di sopra di tutto, il nazionalismo di nuovo a maschera del classismo…che roba contessa!


Il tentativo di egemonizzazione della destra è su vasta scala e viene da essa combattuto con tutte le armi a disposizione, è stato pazientemente preparato per anni e per rispondere efficacemente abbiamo bisogno di riconoscere che non possiamo farlo da soli, l’antifascismo militante dei compagni e delle compagne non è oggi sufficiente a respingere questo massiccio attacco, possiamo e dobbiamo essere le strutture portanti di questo duro e certosino lavoro, ma non le uniche e sole. Certo la desertificazione ideale e ideologica portata in questi lunghi anni dal riformismo e dal progressismo fanno pensare ad una camminata senza fine, ma non è un lavoro né inutile né impossibile in questa precisa fase storica. Quanto accaduto nella nostra città in merito al “Giorno del Ricordo” ci dimostra quanto come compagne e compagni militanti abbiamo la capacità di spostare l’asse del discorso e della comprensione dello stesso, dalla vuota retorica nazionalistico-istituzionale ad una piena conoscenza basata su fatti reali e non invenzioni o falsità e soprattutto conseguentemente traducibile in coscienza discorso e azione politica di opposta traiettoria. Sui territori vi è ancora una quantità enorme di forza da sviluppare, è in attesa di trovare parole convincenti, discorsi non retorici e ridondanti, un'enorme quantità di persone che non si lasciano ingannare dalla mitopoiesi della destra ma che al momento non hanno né una storia né una strada da camminare.


Un ultimo aspetto che vogliamo sottolineare a partire dal nostro punto di osservazione riguarda la destra neofascista italiana la quale trova crescenti difficoltà di espressione e di manovra e che risulta quasi completamente sussunta dall’ascesa dell’estrema destra di governo. Un processo che viene da lontano e un risultato maturato ben prima delle ultime elezioni e che si accompagna ad analoghi processi in altri paesi dell’europa occidentale, in particolare in Germania dove è AFD ad avere sussunto il neofascismo e il neonazismo tedesco. A parte alcuni episodi isolati all’interno del contesto nazionale come le aggressioni nelle scuole di Firenze, il calo è significativo e palpabile il che lascia ampi spazi vuoti nelle strade delle nostre città. Abbiamo la possibilità di isolare ulteriormente dal tessuto sociale queste organizzazioni, è un'opportunità che dovremmo saper riconoscere, cogliere e agire.


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