Pubblichiamo la recensione del volume Walter Benjamin e gli stati d'eccezione di Anna Migliorini edito da Clinamen, Firenze 2024, una ricerca in cui l'attualità del tema, cioè lo stato d'eccezione come regola - e la sua auspicabile soppressione - perde la sua assolutezza astratta di singolo atto governativo attribuibile a questo o quel governo, e si mostra come caratteristica di un'intera epoca, quella moderna. La soppressione dello stato d'eccezione come regola è cioè un compito epocale, che richiede qualcosa di più dello “stupore perché le cose che accadono siano ancora possibili nel XXI secolo”.

È stato di recente pubblicato, dalla casa editrice Clinamen, uno studio dal titolo Walter Benjamin e gli stati d'eccezione. L'autrice, Anna Migliorini, ricercatrice all'università di Firenze, con questo studio, concretizza uno dei più importanti insegnamenti di Walter Benjamin : salvare il presente e redimere il passato sono un unico gesto.
Nulla più dello stato d'eccezione rende simile il secolo scorso, quando Benjamin scrisse le Tesi sul concetto di storia, al nostro. Ed è proprio l'ottava di quelle Tesi a costituire il cardine dello studio di Migliorini.
“La tradizione degli oppressi ci insegna che lo ‘stato d'eccezione’ in cui viviamo è la regola. Dobbiamo giungere a un concetto di storia che corrisponda a questo. Allora ci starà davanti, come nostro compito, di suscitare il vero stato d'eccezione, migliorando così la nostra posizione nella lotta contro il fascismo… “
Il libro di Anna Migliorini ripercorre i molti fili che, nell'opera di Walter Benjamin, portano alla contrapposizione tra stato d'eccezione come regola e vero stato d'eccezione, con una ampiezza tematica tale che ne rende la lettura insostituibile. Proveremo allora a restituire almeno quelli che ci sembrano i temi che più chiamano in causa il nostro tempo e il corso della nostra vita.
Lo stato d'eccezione ribalta il suo significato all'inizio dell'epoca moderna, passando dalla sua concezione teocratica che coincideva con la delegittimazione del potere esecutivo, alla concezione moderna secondo cui lo stato d'eccezione si risolve con l'attribuzione di poteri eccezionali a chi ha responsabilità di governo al fine di garantire la stabilità dell'ordinamento vigente. Così lo stato d'eccezione diventa un attributo del "sovrano", la cui legittimità è fuori discussione.
Già questa sua distinzione dalla concezione teocratica ci permette di cogliere una caratteristica essenziale dello stato d'eccezione moderno: la sua caducità. Esso è un fenomeno storico delimitato nel tempo che ha avuto un inizio e la cui fine ci riguarda molto da vicino.
Ma ci facilita anche la comprensione dello stato d'eccezione come regola.
Che lo stato d'eccezione sia diventato una regola ormai lo sappiamo anche senza dovercelo spiegare. Eppure emergono, dalle riflessioni che Anna Migliorini è riuscita a mettere in evidenza nell'opera di Benjamin, elementi importanti per approssimarsi al vero stato d'eccezione.
Uno di questi è l'ideologia del progresso, con cui si giustificano gli attuali rapporti sociali. Il progresso si caratterizza come una continua novità che, come nella moda che ne è una delle espressioni, non fa che ripetere se stesso. È un “eterno ritorno del nuovo”: “La novità, supposta chiave d’espressione del progresso nell'epoca moderna, si rivela in realtà ripetizione di se stessa, ovvero eterno ritorno del nuovo e dello stesso, come risulta particolarmente visibile nel fenomeno della produzione capitalistica, nella merce quindi, e nel fenomeno precipuo della moda “. (pag. 126)
Questo uso dell'ideologia del progresso al fine di legittimare lo status quo deve però scontrarsi con il perpetuarsi della crisi, che è ad un tempo crisi economica ed esistenziale, dove perdita di stabilità sociale e perdita di senso si alimentano a vicenda. Una crisi permanente, che si riproduce in forme sempre più acute ed estese e che indica in modo evidente la caducità del mondo borghese e del suo modo di produzione, a cui si associa la crisi dell'esperienza propria della società di massa e dell'isolamento individuale che la caratterizza.
Ma proprio dalla crisi, che è crisi di un'epoca, emergono le condizioni per ribaltare lo stato d'eccezione come regola in vero stato d'eccezione.
“L’impoverimento dell'esperienza è centrale per l'eccezione per due motivi. Il primo, già visto, corrisponde ad allineare l'esperienza impoverita con il lungo arco della crisi… Il secondo, che è invece positivo, corrisponde a trovare in questa condizione elementi utili ai fini di una nuova comprensione del reale, quindi utilizzabili in modo che sia produttivo di senso e di margine d'azione. “ (pag. 149)
Siamo quindi a dover fare i conti con il vero stato d'eccezione, che esiste solo in quanto compito da assumersi. Molteplici sono le vie d'accesso individuate da Anna Migliorini, che qui possiamo richiamare solo in parte.
Innanzitutto la contestualizzazione storica, ovvero la necessità di interpretare la fine dell'epoca moderna come implicita nei suoi stessi limiti che, come si è provato a sintetizzare, sono resi evidenti tanto dalla ideologia del progresso, che dalla riproduzione allargata della sua crisi. Qui si esprime la prima consapevolezza necessaria a suscitare il vero stato d'eccezione, ovvero “che tutto continui così è la catastrofe” (pag. 127)
A questo va aggiunta la consapevolezza che la forma di vita moderna, che ritiene giustificato il soggettivismo individualista, conduce al nichilismo in quanto fondata sulla falsità, cioè l’occultamento e la dissimulazione della essenza storica dell'esistenza. È questa la verità per la cui esposizione Benjamin richiama continuamente gli “oggetti della teologia”, ovvero che l'essere, ciò che esiste, ogni cosa che esiste e tutto ciò che esiste è una essenza, non deve ad altri la propria esistenza, tanto meno a un sovrano, e che l’ unità del tutto è unità di essenze cioè di esistenze storiche, non isolati solipsismi.
E infine l'ultima, che Anna Migliorini pone giustamente al primo posto, quella che Benjamin chiama la sua svolta copernicana, il primato della politica.
“il primato del politico in questo caso non si basa sulla distinzione tra amico e nemico (come, ad esempio, in Schmitt) ma sul discrimine storiografico-politico che prende corpo come primo sembiante quella stessa opposizione tra vincitori e vinti, dominanti e oppressi… Questo è il presupposto di ogni nuovo approccio della critica su apparenza e realtà… “(pag 159)
Il primato della politica ne costituisce anche il ribaltamento rispetto alla sua concezione moderna. Lungi dall'essere uso legittimo del potere, la politica è momento di emancipazione dalla solitudine, compimento dell'esistenza singolare entro la comunità storica, consolidamento del personale in politico, e proprio per questo decadenza del potere.
Si capisce allora perché Anna Migliorini scelga, per concludere il suo studio, una breve recensione, dove troviamo una di quelle frasi illuminanti che sono così caratteristiche della scrittura di Walter Benjamin.
“Libertà da che cosa? Certamente e senza esitazioni da tutto! Libertà per che cosa? Certamente e ancora una volta per tutto! Soltanto la terza libertà esce dall’etica speculativa. E ubbidisce alla domanda: libertà con chi?... La risposta ‘con tutti! ‘ riconoscerà che essa è data dalla lotta di classe” (pag 220)
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