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QUALE SICUREZZA GLOBALE?

  • Admin#
  • 14 dic 2020
  • Tempo di lettura: 5 min

La “loi de sécurité globale” è soltanto l’ultima legge, che sul territorio europeo mira ad imbrigliare i movimenti di protesta e al contempo garantire impunità pressochè totale alle forze dell’ordine. Questa legge, come la “ley mordaza” spagnola(2015) o i nostri “decreti sicurezza” è una legge approvata da destra. Ma non illudiamoci. Ne in Spagna né in italia i successivi governi di centrosinistra non hanno né abrogato tali leggi, né ne hanno intaccato i principi cardine (come nel caso italiano)durante il tentativo di revisione. Questa legge francese non è ancora “passata” vista la dura resistenza dei francesi nelle piazze.


Di L’Antélite


La “Loi de sécurité globale” è una riforma di legge proposta in Francia il 17 novembre, che ha sin da subito scatenato un grosso dibattito sul piano dell’opinione pubblica. Nella proposta la legge viene presentata come uno strumento per definire meglio e potenziare i sistemi di sicurezza pubblica e privata in Francia. L’esito però è quanto mai contraddittorio, a meno che con “sicurezza pubblica” si voglia intendere un controllo onnipresente e repressivo che privi i cittadini di ogni possibile forma di riscatto.

Come premessa la legge distingue tre ruoli principali delle forze dell’ordine sul suolo francese: la sicurezza nazionale, quella municipale e quella privata. I primi due articoli della legge mirano a ridefinire meglio i loro ambiti di azione e i loro compiti. L’ultima parte riguarda invece ambiti più specifici come il controllo stradale o le riforme oltremare. La parte che più però salta all’occhio e che più ha suscitato polemiche è quella relativa ai due articoli, o “Titres” centrali: il 3 e il 4.

Nel terzo, infatti, è data piena libertà alle forze dell’ordine di filmare i civili mediante telecamere pubbliche o personali (compresa quella del cellulare) a patto che questo non violi la loro libertà. Già qui salta all’occhio una contraddizione: come può ciò non violare la loro libertà? La risposta fornita dalla legge è: i cittadini devono poterne essere informati, a meno che questo non collida con gli obiettivi di chi filma. Un tentativo di salvataggio mal riuscito, principalmente perché mentre è facile aspettarsi telecamere pubbliche in luoghi come aeroporti, non è altrettanto facile venire informati del fatto che un poliziotto potrebbe riprenderti col cellulare in ogni occasione. Ma almeno sul piano letterale qui la legge riesce a salvarsi in corner.

Il colpo di grazia lo dà l’articolo successivo, il quarto, che si compone di tre proposte principali: diminuire le possibili attenuanti per chi commette reato di “aggressione a pubblico ufficiale”, consentire ai membri delle forze dell’ordine di portare le armi in luoghi pubblici anche fuori dall’ambito lavorativo e, il punto che più ha suscitato e suscita timori, rendere reato il riprendere o fotografare le forze dell’ordine in servizio in modo che siano identificabili. L’articolo aggiunge un vago “con intenzione di ledere alla loro salute psicofisica” che nessuno sa bene come interpretare.

Una legge simile suscita subito un senso di rifiuto e di paura. La cosa che più colpisce è che di tutti i punti quello forse più pericoloso nell’immediato è quello che riguarda il porto d’armi fuori dall’ambito lavorativo. Eppure non è il punto che spaventa di più, forse perché non è poi così tanto nuovo. Il vero inedito è proprio il divieto di riprendere le forze dell’ordine in servizio, che giustamente spaventa non solo i cittadini francesi, ma come minimo buona parte dei cittadini Europei. Si tratta infatti di un argine che si è rotto, un confine che si è superato una volta per tutte e che potrebbe aprire ovunque nuove strade di repressione e sopruso.

Ci sono tre motivi principali per cui, a parer nostro, questa legge va contro ogni principio democratico, e per cui la parola “sicurezza” in questo ambito sarebbe facilmente sostituibile con la parola “controllo” o addirittura “oppressione”. Questi tre elementi sono: l’asimmetria insuperabile che si instaura nei rapporti di forza, la repressione nei confronti della libertà di espressione e il via libera all’abuso di potere.

La tecnica è sempre stata uno strumento di controllo e di esercizio di potere, ma questo aspetto ha continuato ad accentuarsi con lo sviluppo di nuove tecnologie digitali. Senza entrare troppo nel dettaglio: queste tecnologie permettono di esercitare controllo sui cittadini in ogni situazione della vita quotidiana, spesso senza che nessuno nemmeno se ne accorga. I filmati, i video e le foto sono uno degli strumenti più evidenti di controllo: ne abbiamo prova anche in Italia dove le forze dell’ordine si servono costantemente di riprese a scopo identificativo o per produrre delle prove. L’elemento che permette di bilanciare questo sistema di controllo pervasivo è proprio il fatto che anche i cittadini possono in qualsiasi situazione compiere la stessa operazione: riprendere o fotografare le forze dell’ordine per produrre prove di eventuali abusi di potere o azioni repressive. Spesso queste foto o video sono addirittura degli strumenti politici per individui o gruppi: ce ne dà prova ad esempio il movimento NoTav che spesso pubblica online video di scontri o di reazioni smisurate, repressive o violente da parte delle forze dell’ordine. C’è una forma, seppure non totale, di simmetria in questo rapporto di forza. La legge “Securité Globale” spezza completamente questa simmetria, togliendo ogni possibilità ai cittadini di servirsi degli stessi strumenti di controllo di cui si servono le forze dell’Ordine.

Le conseguenze sono abbastanza chiare e preoccupanti: da un lato vengono sicuramente meno diverse forme di libertà di espressione, anche sul piano politico, dal momento che non ci si può più avvalere di uno strumento che sempre più sta diventando centrale per la diffusione di informazioni: l’immagine. Non è chiaro cosa voglia dire “ledere l’integrità psicofisica” delle forze dell’ordine nel momento in cui si tratta di riprenderle al lavoro, ma è chiaro che si tratta di un argomento molto facile da tirare in ballo in qualsiasi momento ai danni del cittadino. Di fatto in questo modo la legge potenzialmente vieta di riprendere le forze dell’ordine in qualsiasi modo e circostanza.

D’altra parte la legge sembra istituire una totale impunità per l’abuso di potere da parte delle forze dell’ordine, a patto che questo avvenga in un luogo in cui non ci sono testimoni o telecamere pubbliche. È tristemente noto quanto l’abuso di potere e la violenza da parte delle forze dell’ordine sia diffusa anche in una situazione in cui c’è la possibilità di produrne prove attraverso immagini e riprese. Immaginiamo come sarebbe laddove queste prove non possono essere prodotte: non solo vi sarebbe impunità, ma anche ignoranza nei confronti di tali azioni. Il tutto si aggrava se in contemporanea si permette alle forze dell’ordine di portare armi in pubblico fuor dal servizio e si eliminano molte attenuanti per il reato di aggressione a pubblico ufficiale, reato che spesso viene imputato in maniera molto arbitraria.

Dobbiamo dunque chiederci: cosa vuol dire “Sicurezza”? Sembra che vi siano due accezioni in contraddizione tra di loro. La prima è una sicurezza dal basso, ovvero la garanzia che i propri indiritti individuali come dignità, integrità e libertà non possano venire violati da nessuno indipendentemente dal ruolo pubblico, dal mestiere e dalla posizione sociale. La seconda è una sicurezza dall’alto, la sicurezza dell’occhio che vede tutto e che non è visto, che controlla tutto e non è controllato, che impone forme di controllo agli altri e allo stesso tempo impone di non poter essere controllato. La legge francese sembra rifarsi a questo secondo significato di sicurezza, davanti a cui il primo significato è destinato a morire. “Legge di sicurezza globale”, parafrasato: “Morte della tutela sociale”.

 
 
 

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