Nel periodo di emergenza attuale, la didattica si è spostata completamente sul digitale. Questo può apparire a un primo sguardo come una svolta improvvisa, un’innovazione necessaria, ma in realtà sorge la domanda: la didattica Online è destinata ad affermarsi come metodologia anche dopo la crisi?
Per rispondere è necessario prima fare un’analisi più approfondita della storia di questo metodo, che ha inizio ben prima di questa situazione di emergenza. Al momento l’unica vera novità sono le “lezioni Online”, ma l’idea di una scuola digitalizzata e i legami tra istruzione pubblica e enti privati ha una storia molto più lunga.
La digitalizzazione delle scuole vera e propria inizia nel 2015, con la promulgazione della legge 107, anche nota col nome di “Buona Scuola”. Questa legge mette in luce alcune “presunte necessità” della scuola, tutte accomunate da una caratteristica: il bisogno di un’istruzione volta all’inserimento dello studente nel mondo del lavoro, quindi a renderlo più competitivo, tecnologico, “eccellente”. Oltre a rendere obbligatorie le ore di “Alternanza Scuola-Lavoro”, la legge 107 ha dato il via alla digitalizzazione delle scuole, anche attraverso accordi con imprese private (commi 56-62).
A partire dal 2015 dunque il MIUR ha stipulato un gran numero di accordi con privati. Alcuni di questi sono semplicemente finalizzati all’acquisto di prodotti tecnologici per le scuole a prezzi favorevoli. Altri affiancano a questa offerta la realizzazione di attività e progetti. Altri ancora hanno una vera e propria forma di “partnership”. Ad ogni modo l’idea è sempre più o meno la stessa: i privati forniscono strumenti e materiali a prezzi più bassi con l’obiettivo di formare una generazione sempre più competente e competitiva.
Dal 2015 a oggi questi accordi si sono moltiplicati, alcuni di essi sono stati rinnovati oppure ampliati. Alcuni esempi sono l’accordo con Microsoft, stipulato nel 2015 e rinnovato nel 2017, e l’accordo con Google del 2017.
Nel 2020, nella situazione di emergenza attuale, il MIUR ha preso accordi speciali con alcuni di questi partner, per rendere possibile una didattica interamente Online (ad esempio rendendo disponibili piattaforme come G-Suite e Office 365 Education A1). Questa dunque non va interpretata come una svolta, ma come un ulteriore sviluppo di un processo che ormai va avanti da cinque anni, e che con tutta probabilità continuerà a svilupparsi in futuro. Alcuni segnali del fatto che le lezioni Online non siano destinate a rimanere una misura emergenziale ci sono già ora: gli accordi stipulati hanno durata triennale, e vengono accolti con grande entusiasmo. La ministra dell’istruzione Azzolina ha affermato che “Questa situazione deve essere un’opportunità per far avanzare l’istruzione didattica”. Ma verso dove stiamo avanzando? E chi rimarrà indietro?
Un caso emblematico per evidenziare una prima problematica è quello di Microsoft, uno dei partner storici del MIUR. I valori fondamentali che questa azienda trasmette sono: produttività, competitività, eccellenza. Sul loro sito affermano: “nonostante queste innovazioni emergenti, la nostra capacità di evolvere con i tempi e stare al passo con questi cambiamenti rimane molto umana […]Per le aziende, avere le giuste strutture organizzative è essenziale per potersi adattare al cambiamento e ottenere quel vantaggio competitivo necessario per avere successo in questa nuova entusiasmante era” .
Come si traduce tutto questo sul piano dell’istruzione risulta chiaro leggendo Il commento di Francesco Del Sole, Direttore Education di Microsoft Italia, all’accordo tra Microsoft e MIUR: “La nostra volontà è di continuare a collaborare a fianco del MIUR per contribuire in modo concreto ad una Scuola che permetta di sviluppare nuove modalità di apprendimento, allargando gli orizzonti e offrendo la possibilità agli studenti di acquisire competenze che li rendano professionisti competitivi nel mercato globale.”
La scuola, i cui valori dovrebbero essere quelli dell’inclusività, della collaborazione e dello sviluppo della persona, diventa sempre più una piattaforma di lancio per giovani eccellenze pronte a competere nel mercato globale. La sua finalità è di formare lavoratori, non persone dotate di spirito critico. Spesso le stesse aziende partner offrono premi in denaro o opportunità alle scuole o agli studenti classificati come “eccellenti”.
Ma c’è chi rimane indietro. Non tutte le scuole hanno le possibilità di stare al passo con tempi “non umani”, tantomeno tutti gli studenti. Queste collaborazioni alimentano e palesano sempre di più le disuguaglianze tra “chi riesce” e “chi ha difficoltà”, tra “eccellenze” e “non eccellenze”. Inoltre promuovendo la competitività viene meno l’inclusione, l’aiuto reciproco che dovrebbe essere alla base dell’istruzione e della società.
Vi è infine una contraddizione di fondo: l’istruzione, che dovrebbe rimanere pubblica, si sta legando sempre di più al mondo del privato, al punto di dipendere da questo, assumere i suoi valori e i suoi obiettivi. Anche prima dell’emergenza sanitaria le scuole e le università erano vittime di questo processo. Questa situazione non fa che rendere il tutto molto più evidente e a velocizzarne il processo.
Come studenti e studentesse, ci sembra necessario in questa fase critica rivendicare un’istruzione pubblica, solidale, aperta a tutte e tutti. La scuola, oggi più che mai, deve impegnarsi a formare individui pensanti, deve essere la base di una società aperta e viva. Questi valori, che negli anni non abbiamo mai smesso di ribadire, non potranno mai essere sradicati dalle nostre scuole finchè continueremo a lottare.
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