Fin dallo scoppio della guerra in Ucraina la analizziamo come uno scontro interno al sistema capitalista. Così come pensiamo che questa guerra, che per questo motivo non ha per noi una parte da prendere tra i contendenti, in ogni modo ci investe e che il nostro intervento dentro e contro di essa riguardi i territori che viviamo, l’Europa, e l’organizzazione politica che li comanda, l’Unione Europea.
Siamo nel dopo dell'Unione europea. Nata come volontà di superare le divisioni politiche tra nazioni europee ma dentro ad una divisione politica tra super potenze atomiche, che distingueva tra Europa dell'ovest e Europa dell'est.
La sconfitta dei regimi socialisti ha superato la divisione tra le due Europe (e le due Germanie) ma dentro alla divisione politica globale che oppone occidente a oriente, nord a sud.
Una Unione Europea nata e cresciuta dentro a divisioni che non ha mai messo in discussione, che ha sempre accettato supinamente come condizione per la sua stessa esistenza. Così alla fin fine, pur con tutti i proclami ideali sulla pace e la convivenza tra i popoli, l'Unione Europea è diventata una zona economica speciale, dove vigono leggi eccezionali che favoriscono gli affari, la finanza e il commercio, ma totalmente succube delle politiche estere e delle iniziative militari altrui.
È da questa debolezza politica dell'Unione Europea che dobbiamo ripartire, per andare avanti e non per tornare indietro.
Purtroppo anche da esponenti di sinistra (una sinistra che ha perso la bussola, che è diventata autoreferenziale, che crea confusione) ci sono rigurgiti nazionalisti e sovranisti, dal ritorno alla lira al ripristino di uno stato decisionista, rimasugli di uno stalinismo che tarda ad estinguersi e secondo cui la politica è quella cosa in cui c'è qualcuno che decide sulla testa degli altri.
Per noi politica è la vita in comune, quella che viviamo tutti i giorni e che ha bisogno di consapevolezza di decisione e di responsabilità da parte di tuttə.
Per questo l'Europa come spazio politico rimane vitale, proprio per la debolezza politica dell'Unione Europea, grazie alla inettitudine delle burocrazie politiche europee, passacarte di interessi economici e finanziari, vidimatori di decisioni politiche e militari di super potenze atomiche.
È proprio grazie a questa debolezza che l'Europa costituisce ancora una possibilità di trasformazione.
Lo è per chi fugge dai disastri che l'occidente ha creato in Asia e in Africa, per chi ha la forza e il coraggio di sfidare le leggi di confini fittizi e regressivi. Lo è anche per chi si trova in prima linea sul fronte europeo della guerra tra capitalismo occidentale e capitalismo orientale, e per cui l'Europa, proprio perché debole nelle sue decisioni politiche e nelle sue iniziative militari, rallenta l'acutizzarsi e l'estendersi della guerra.
Ma lo è soprattutto perché questa debolezza dell'Unione Europea offre lo spazio per un'azione politica che metta in discussione la premessa indiscussa, cioè lo scopo che giustifica la subordinazione europea, quella che la rende uno spazio economico speciale a garanzia dell'accumulazione del capitale.
Questo è lo spazio politico europeo che ci interessa e che dovremmo occupare, consapevoli che la guerra finirà solo quando noi diventeremo il nemico più pericoloso, quello che deve impegnare tutte le risorse dell'Unione Europea e non lasciare spazio al conflitto intercapitalista.
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