Abbiamo scritto più volte il bisogno che abbiamo di riprendere ad analizzare alcuni fondamentali, continuiamo questo percorso perché in questa epoca nuova che si affaccia abbiamo bisogno di basi solide per ridare corpo alla Nostra Parte.
Il conflitto israelo-palestinese in corso è solo l'ultimo di una lunga serie, un crescendo di escalation militari seguite e accompagnate dall'aumento dell'estremismo e del fanatismo su entrambi i fronti. Si può dire che ciò che sta succedendo nel mondo intero, l'aumento della forza dell'estrema destra e della radicalizzazione religiosa, sia iniziato molto prima in quei territori e che, lontano dagli sguardi e dai pensieri dei più, sia il centro nevralgico del cambio di paradigma politico e sociale che tanto stiamo subendo e che vediamo quasi ad ogni latitudine terrestre. Abdullah Ocalan analizza, nei suoi testi, le strutture sociali e politiche dei popoli semiti e ariani che abitavano il medioriente sin dall'origine della civiltà umana, e come essi siano stati i fautori della nascita dell’organizzazione sociale verticistica, in cui il potere poggia su amministrazione “statale” e religione. Ad emergere è la costruzione di sovrastrutture il cui scopo è depoliticizzare le comunità, separare la vita sociale dalla capacità di organizzazione e decisione politica. L’utilizzo della forza e della violenza diventa allora il modo per imporre e mantenere il potere acquisito da parte di uno o più gruppi, rigorosamente maschili e patriarcali. Parliamo degli albori, ben prima dell’avvento delle religioni monoteiste. Parliamo di una costruzione sociale e politica sopravvissuta fino ad oggi, che il capitalismo ha solo modificato in alcuni aspetti ma che ha mantenuto in tutti i pilastri fondamentali.
Negli anni successivi alla Seconda Guerra Mondiale, uno di questi pilastri, la religione, è stato messo all'angolo. Il continuo espandersi delle teorie socialiste e comuniste ha ridotto sensibilmente l'impatto e la capacità di coercizione delle religioni, e questo è accaduto fino nel Medio Oriente, fino alla culla delle tre religioni monoteiste, la Palestina. La caduta sovietica e la conseguente restrizione della diffusione degli ideali, nonché dello spazio politico, ha invertito la tendenza con la religione che ha lentamente ma inesorabilmente iniziato a riprendere spazio, a intromettersi e a influenzare la vita politica e sociale in ogni luogo. Fino ad oggi, è stato un crescendo. Osserviamo ciclicamente i vari tentativi di inserire nella costituzione dell'Unione Europea le fantomatiche radici cristiane, ma è proprio in Israele e Palestina che queste conseguenze si fanno maggiormente sentire, con lo stato ebraico che si è legalmente definito stato confessionale, così come lo è formalmente Gaza, sulla cui scia sono avviati anche i territori palestinesi della Cisgiordania. Una involuzione, una regressione politica e sociale che abbraccia quasi tutto il Medio Oriente, quel Medio Oriente che negli anni settanta, all'apice dei conflitti sociali e delle lotte decoloniali, era per buona parte laico e con tendenze socialiste, quel socialismo nazionale arabo che era chiaramente influenzato dalla storia e dalla cultura millenaria di quei luoghi ma che fungeva da forza emancipatrice sia dalla colonizzazione delle potenze europee che dalle vecchie pratiche tribali, e che fu capace di portare libertà civili e sociali senza precedenti per quei luoghi.
Oggi, nella maggior parte del Medio Oriente, la vita è scandita dai dettami religiosi, gli stati aumentano di giorno in giorno il loro carattere confessionale e quindi anche la stretta sulla popolazione, con il continuo restringimento delle libertà collettive e individuali. Nel mondo occidentalizzato, la situazione è migliore, ma sconta una continua involuzione. Le forze reazionarie e clericali sono in continua espansione, governano nazioni (e quindi eserciti regolari), influenzano in maniera determinante svariati aspetti sociali e controllano parte di molteplici settori economici. La secolarizzazione del mondo cristiano è un fattore irreversibile, ma ciò non vuol dire che la regressione in atto non possa toccare aspetti che vedrebbero le nostre vite peggiorate dal sistema valoriale clericale.
Quale dunque è il nostro rapporto con il fattore religione di oggi? Quali sono le nostre posizioni, quale è il nostro approccio ai sistemi e sottosistemi religiosi con i quali dobbiamo inevitabilmente confrontarci?
Per rispondere a queste domande, importanti per il nostro futuro, dobbiamo comprendere in che situazione ci troviamo. Ci troviamo nella situazione piuttosto sgradevole in cui l'anticapitalismo rivoluzionario di stampo marxista è stato soppiantato, il pensiero socialista non è più la forza principale di opposizione al capitalismo. Un capitalismo che nel frattempo, attraverso la fase neoliberale, si è globalizzato e che ora, all'interno della sua crisi più lunga di sempre, sta attraversando una fase di reversione, di ritorno a blocchi imperialisti contrapposti che si sfidano per il ruolo di guida politica, economica e sociale nella nuova fase post impero a guida americana. Nello scontro interno alla modernità capitalista, il fattore religioso viene utilizzato in modo manicheo, presentato a volte come uno scontro di civiltà, a volte come uno scontro valoriale, serve ad arringare e a compattare attorno ai governi e ai sistemi di potere l'opinione pubblica. Questa attività propagandistica ha avuto e ha tuttora il compito di sostituire lo scontro, che è principalmente politico, sul sistema economico, sostituendo quindi lo scontro verticale tra le classi con uno scontro orizzontale tra popolazioni. Questo sposta l'asse dello sguardo, offusca la visuale e porta a non vedere che alla base di questi accadimenti c'è sempre il controllo delle risorse energetiche, perché senza di esse non c'è potenza e quindi non c'è potere, fattori senza i quali non esistono né comando né dominio.
Questa situazione che subiamo da troppo tempo palesa la capacità del sistema capitalista di utilizzare la religione per i propri scopi così come la nostra incapacità di coglierne il dato, agire di conseguenza, e ragionare su possibili scenari alternativi di lotta e di solidarietà nelle lotte.
Comments