In questo primo articolo dell'anno puntiamo lo sguardo verso le dinamiche politiche e sociali in atto, processi in atto da tempo ma che i due anni di governo di estrema destra hanno prontamente accelerato.
Se c’è qualcosa che possiamo affermare con certezza è che il processo di polarizzazione è in atto da tempo. La polarizzazione politica e sociale non accenna a diminuire anzi, è ancora nella sua fase “espansiva”. L’estremizzazione che ne deriva è un fattore con il quale ci dobbiamo confrontare. Non riguarda solo campi o posizioni a noi tradizionalmente opposte ma investe direttamente anche i nostri stessi perimetri e fino ad investire spazi individuali e relazioni sociali non direttamente mediate o riconducibili alla politica. Siamo in un tempo nuovo, un territorio ancora inesplorato, ricco di insidie ma anche di possibilità.
Ciò che ci interessa osservare ora è il piano che ci vede direttamente coinvolti, quello che investe le nostre vite come lavoratori e militanti, che consegue alla rottura del patto sociale tra capitale e lavoro e che sta subendo una forte accelerata dalla presa dei governi, quasi ovunque, da parte della destra. La destra, Il braccio politico della borghesia -una borghesia parassitaria che fonda il proprio potere sulla rendita finanziaria che toglie valore alla produzione per ridistribuirlo ai possessori di titoli- sta lavorando alacremente per tradurre in legge o addirittura in assetto costituzionale le ri-conquiste attuate dalla stessa borghesia sui lavoratori.
Siamo dunque immersi in una fase nuova del processo di pauperizzazione della classe lavoratrice, all’interno della quale al contempo trovano maggior spazio e vigore processi discriminatori e repressivi, sia verso le componenti più deboli della società sia verso quelle più attive. A governare e ad accelerare questo processo c’è quella parte politica che, da sempre, è diretta emanazione del padronato, dei ricchi e dei potenti di turno, quella parte politica nata per puntellare il potere capitalista e che non esita a togliere a chi ha meno per dare a chi ha di più.
Questo tipo di destra è sopravvissuta per gestire determinati processi senza le esitazioni tipiche della liberaldemocrazia, e non per niente all’estero come in Italia è una destra che, anche con le dovute differenze, ha radici ben salde nel passato fascista e stragista.
La direzione del conflitto in atto è la stessa da tempo, dall’alto verso il basso, infatti è un conflitto che non mira a includere i lavoratori in processi di miglioramento della vita, a partire dal lavoro, ma al contrario mira all’esclusione di ampi settori della società dalla ricchezza prodotta. In questo senso, la forza e la capacità di questa destra di portare ampi pezzi della società a praticare conflitti orizzontali che siano etnici religiosi o civili è schiacciante e decisamente funzionale al sogno e alla volontà di annichilire le forze produttive al punto da renderle incapaci di comprendere il proprio ruolo storico e consegnandole a sentimenti nazionalisti che si nutrono di odio e rancore.
È la prima volta che ci troviamo a confronto con una polarizzazione così accentuata. La frattura tra destra e sinistra continua ad allargarsi. Tuttavia sarebbe meglio dire che è l’odio politico che viene da destra a scavare alacremente il solco, che sono le dichiarazioni e le azioni quotidiane della destra che mirano a aumentare l’odio della propria parte nei confronti della nostra parte anche perchè è solo così che legittima la propria esistenza, è solo così che può alimentare i propri sentimenti nazionalisti e reazionari. L’accusa di anti-italianità è in ogni tweet, in ogni articolo e in ogni dibattito, lo scopo è fomentare l’odio aumentare l’aggressività, fare crescere la voglia e l’accondiscendenza verso la violenza, verso un determinato tipo di violenza, quella contro il nemico di turno: politico, razziale o di genere poco importa, sono tutti nemici legittimi per i followers di questa destra. Una violenza individualizzata, capillare e a bassa intensità a cui si potrà perdonare anche qualche possibile eccesso.
Abbiamo, inoltre, la necessità di osservare con attenzione le dinamiche internazionali che si svolgono oltre i nostri confini. Le guerre in atto, insieme alla polarizzazione crescente che anch’esse generano, richiedono una risposta decisa. Tuttavia, ci troviamo in difficoltà a causa della mancanza di un'opposizione organizzata dal basso capace di mobilitare quella grossa fetta di popolazione contraria alle politiche attuali e anche di intrecciare l'enorme mobilitazione sociale emersa con l'inizio della guerra di annientamento dello Stato d’Israele contro la popolazione palestinese.
In questa fase, stiamo affrontando un deficit generale di coscienza politica. Un movimento contro la guerra privo di una espressione politica che riesca ad incidere sulle istituzioni nazionali e internazionali rischia di rimanere intrappolato nella propria impoliticità. Rischiamo di diventare sempre più ostaggio di letture e analisi geopolitiche che non fanno altro che fomentare un “posizionismo” interno alla compatibilità di sistema e funzionale ai bisogni odierni del sistema capitalista.
La forza della destra così come le guerre che provoca ci accompagneranno ancora per parecchio tempo e la polarizzazione continuerà ad acuirsi.
Il nodo dell’organizzazione politica continua a ripresentarsi anno dopo anno senza fare passi avanti, ma senza questi passi, a rimanere nell’immobilismo continueremo a subire la polarizzazione e l’aggressività della destra anziché, al contrario, aggredire la prima e combattere la seconda.
I processi in corso devono essere affrontati con piena consapevolezza della gravità della situazione, ma è proprio la natura stessa del momento attuale che può consentire un rapido cambiamento nella direzione politica. La crescente tendenza a prendere posizione e a sostenere attivamente una parte rappresenta un'opportunità che deve essere colta con determinazione.
Comments