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Come on come on ANTIFA!




Si è fatto un gran parlare di “ANTIFA” negli ultimi giorni, da quando nel picco delle proteste negli Stati Uniti il presidente Trump, bisognoso di un nemico da additare ha puntato tutto su “ANTIFA”. Già questo modo di puntare il dito denota il pressapochismo tipico della destra moderna di fare politica nonché del suo bisogno atavico di trovare un nemico, di sbatterlo in prima pagina e di darlo infine in pasto al branco di devoti seguaci. Il mood di questo tipo di destra è che “ANTIFA” sono dei violenti infiltrati per creare disordini e incendiare le proteste, niente di nuovo visto che questo è esercizio tipico del potere quando si tratta di piazze incandescenti conflittuali e cariche di rabbia. Black Block, anarchici, centri sociali, alle nostre latitudini siamo abituati a questo genere di attacchi “liberal” alle piazze laddove il tentativo è sempre quello di cercare di distinguere i manifestanti buoni da quelli cattivi cercando di portare questa differenziazione fin dentro quelle piazze, disgregare e depotenziare il “movimento” del momento e, dobbiamo ammetterlo, è una mossa che è quasi sempre riuscita sia per la capacità del potere di offuscare le menti attraverso una propaganda spietata e martellante, che per nostra incapacità di respingere queste tesi ogni qualvolta vengano utilizzate. Nonostante ciò a Trump il giochino non è riuscito, la divisione in buoni e cattivi è stata respinta al mittente. Ma perchè proprio “ANTIFA” e non i soliti e generici Black Block? Trump e l'establishment nord-americano hanno deciso di colpire “ANTIFA” non perchè sia un’organizzazione strutturata da mettere fuori gioco, cosa che peraltro non è e che quindi non è possibile né sciogliere né tantomeno (per ora, ma le vie della democrazia liberale sono infinite) inserire nella lista tutta americana delle organizzazioni terroristiche. Il problema per Trump e per l’alt-right americana è che negli Stati Uniti è cresciuta sensibilmente una sinistra antagonista, socialista e anticapitalista che negli ultimi anni è riuscita veicolare un ideale, a creare un substrato ideologico e un discorso politico e sociale antagonista al modello storico americano. E succede a partire dalle nuove generazioni di statunitensi, giovani consci e consapevoli della vita che gli spetta nell’American Dream: precarietà, disoccupazione, lavori sottopagati e senza garanzie, sanità privata o morte, istruzione privata e classista, indebitamento strutturale, per citare le questioni macroscopiche. Niente di nuovo, negli Stati Uniti si vive così da sempre, solo che ora, queste nuove generazioni non sono più disposte ad accettare in silenzio questo tipo di vita. La saldatura repentina, durante le sommosse di questi giorni segna il passo di quanto detto sopra, senza questa crescita ideologica sociale e politica probabilmente non sarebbe mai avvenuta e la protesta avrebbe ricalcato quelle che ciclicamente avvenivano ogni volta che la rabbia della comunità nera esplode rispetto alle violenze subite da parte della polizia. In brevissimo tempo la rabbia e la sollevazione sono passate da un piano “razziale” ad un piano generale di messa in discussione del sistema sociale capitalista ed è stato così potente e così pericoloso per il potere perché è partito contro uno dei tre pilastri su cui poggia il dominio del capitale, la polizia. Quello che si vuole mettere fuori gioco non è un’organizzazione o dei collettivi politici, ma è l’ideale, l’idea stessa che possa esistere e si possa costruire un modello sociale alternativo al capitalismo e che questa idea si stia facendo sempre più spazio nella società americana e come detto prima soprattutto tra giovani e giovanissimi nauseati dal fetore che emette la società americana moderna. Un idea di socialismo più complessa e più completa che parte dallo studio di Marx, di Engels e di Lenin, attraversa i pensatori del novecento fino ad arrivare allo zapatismo e a Ocalan, inglobando e allargando l'orizzonte dall'ecologismo alla femminilizzazione della politica. Oggi non è una questione numerica ma una potenza in possibile divenire che avrà ancora bisogno di crescere e sedimentarsi, aprire varchi e strade nuove in un paese che ha conosciuto il MacCartismo e che si appresta a rispolverarne principi e azioni. Quanto detto non è prerogativa solamente “americana”, secondo noi, secondo il nostro quotidiano è presente anche alle nostre latitudini, ma abbiamo bisogno di prendercene cura e coltivarla.

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