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DRAGHI NEOLIBERISMO QUIRINALE e PIAZZA

Alla vigilia di uno sciopero generale che non genera nessun entusiasmo proviamo a rilanciare in avanti, a non cedere all’apatia. A partire dai dati maggiormente rilevanti del governo che ha finalmente consacrato l’Italia sull’altare del neoliberismo più feroce.

Mario Draghi è sicuramente l’uomo giusto al momento giusto. Nel sistema Italia è l’uomo della stabilità e dell’armonizzazione. Dona stabilità all’intero quadro politico istituzionale armonizzando i “mercati”, i rapporti con gli alleati, con i paesi concorrenti, con confindustria, i sindacati e tutte le associazioni di categoria di ogni ordine e grado. Nessuno entra in conflitto con Mario Draghi, sono tutti pronti a discutere con lui, a trattare, e questo chiaramente da una posizione subordinata e di debolezza. Il nostro paese, questo nostro strano paese, ha bisogno di un banchiere per stabilizzarsi e dotarsi di una strategia chiara. Un bel problema anche perchè pare essere la risposta anche per il futuro non solo prossimo.

Il governo Draghi si è rivelato essere quello che ha dato finalmente piena attuazione all’ideologia neoliberista che ne ha dispiegato le vele al massimo e ne ha rivelato la potenza in ogni ambito fino a spingere i politici a mettere senza affanni e senza opposizione in discussione l’ordinamento costituzionale repubblicano, con Giorgetti a reclamare un semi presidenzialismo defacto nel silenzio/assenso dell’arco politico, nel tripudio degli editorialisti di punta dei giornali e nell’afasia della popolazione italiana la strada verso riforme defacto sembra spianata.

Ma poi, fondamentalmente, il defacto è la base dell’ideologia e della prassi neoliberista, il potere della finanza, dei mercati e delle “istituzioni” transnazionali e non elettive è il comando defacto sulle vite di tutti e tutte noi.

Da settembre abbiamo quindi iniziato a comprendere meglio l’agenda e l’azione messa in campo dal governo a guida neoliberale “in purezza”. La Legge di Bilancio, non ancora licenziata nonostante almeno due mesi di trattative, svela l’impianto di base delle politiche del governo, la litigiosità dei partiti è parte del gioco delle scaramucce per accaparrarsi più fondi da distribuire all’elettorato di riferimento, ma l’impianto è uno ed è solido.

La maggior parte dei soldi va alle imprese, le quali come da tipico stile capitalistico italiano continueranno a non investire in miglioramenti degli impianti produttivi e formazione del personale mettendosi il gruzzolo in tasca e scaricando la competitività del mercato sui portafogli e sui diritti delle lavoratrici e dei lavoratori.

Alle stesse imprese viene anche portata in dote la riforma dell'Irap così potranno pure godere anche dell’abbassamento delle tasse.

Cosa dalle conseguenze ancora più gravi, perché ipoteca il futuro, al sistema delle imprese viene regalata la libera gestione di servizi e beni primari, come dimostra il continuo aumento di prezzi e tariffe, che non viene in alcun modo contrastato, anzi si agisce con "sconti" sulle bollette, cioè paghiamo con le tasse quello che ci viene "scontato" sulle bollette, senza affrontare le conseguenze della "libera concorrenza".

Viene garantita la protezione dai rincari alle sole classi medio alte e alte attraverso, la riforma della tassazione Irpef. Presidente del consiglio, governo e partiti tutti dalla stessa parte della barricata per aiutare chi già vive una vita agiata, il resto delle famiglie (la maggioranza) rimane a cercare di non affondare tra precarietà, salari da fame, disoccupazione e sempre meno protezione sociale. Va in questa direzione anche la “riforma” del reddito di cittadinanza che oltre all’abbassamento di fondi messi a disposizione lega sempre più l’ottenimento/mantenimento del reddito all’accettazione di un lavoro qualsiasi esso sia e in qualunque posto esso si trovi rendendo quasi strutturale l’obbligo di accettare il lavoro lontani da casa malpagati e senza tutele, perché il lavoro, non dirigenziale, che viene offerto nel nostro paese è questo, non è un segreto è la realtà del capitalismo italiano.

Sul fronte sociale non va meglio, alla già datata misura poliziesca del GreenPass si aggiunge oggi una misura analoga come il divieto di manifestare nei centri storici a discrezione di prefetto e questore nel periodo natalizio e non tanto per le manifestazioni in se (in larga parte pacifiche), ma per salvare lo shopping natalizio e parte del PIL del paese.

A due anni dallo scoppio della pandemia viviamo e vivremo ancora i prossimi mesi in Stato di Emergenza, vengono prese solamente misure emergenziali in ogni ambito e si continua a non attuare investimenti strutturali su sanità, scuola e trasporti a cui vanno solo briciole dai fondi del PNRR.

Il governo, in piena attuazione dei dettami neoliberisti, non interviene nelle crisi aziendali in atto, non si adopera per trovare alcuna soluzione per le migliaia di lavoratori a rischio licenziamento, Giorgetti(sempre lui) spesso non si fa trovare al Ministero per i tavoli di trattative, soprattutto quando si tratta di vertenze portate avanti da maestranze decise e combattive. In tutto ciò i sindacati confederali sono ininfluenti e continueranno ad esserlo fin quando continueranno a farsi prendere per il naso da Draghi elemosinando incontri di cui lo stesso Draghi ha ampiamente dimostrato di Volerne fare a meno (Nell’ultima settimana, stufi di elemosinare, CGIL e UIL, hanno indetto uno sciopero generale, il quale pur presentandosi debole nei tempi nei modi e nei fini riteniamo sia un momento importante, anche se non ci convince è necessario appoggiarlo prendervi parte e scendere in piazza).

Questo quadro politico economico e sociale è accompagnato dal decisionismo personale di Draghi, il quale non fa altro che tendere al massimo una corda in precedenza tesa da altri. L’esautoramento del parlamento in ogni decisione, importante o meno che sia, viene da lontano ma mai come ora vi è un consenso unanime su questo piano. Che siano politiche economiche e di bilancio, che siano trattati internazionali come il “Trattato del Quirinale” che segna(nonostante la presunta collaborazione in materie economiche e militari) la completa subalternità del capitalismo italiano a quello francese, che siano la sottrazione di potere decisionale e di governo diretto ai territori e agli enti locali come prescritto dalle condizionalità dei fondi UE al PNRR e prontamente trascritto dal governo nell'articolo 6 del DL Concorrenza, che sia seguire in maniera ortodossa le regole del mercato e non intervenire nella possibile acquisizione di TIM da parte di un fondo d'investimento americano(senza addentrarci qui nel resto dei risvolti di questa possibile operazione finanziaria internazionale) con conseguente e palese messa in pericolo di migliaia di posti di lavoro e delle famiglie dei lavoratori interessati, a Mario Draghi è concesso di decidere tutto, con la complicità dei partiti e degli uomini politici ai vertici mentre i parlamentari accettano tranquillamente il ruolo di schiacciabottoni per paura di perdere stipendi e vitalizi conseguenti alla legislatura.


Riteniamo dunque, a partire da quanto scritto sopra, che occorre ridare corpo a piazze di opposizione alle mosse governative, stringendo le alleanze nate in questi lunghi mesi di pandemia e cercando di riannodare vecchie alleanze ormai sopite dal tempo e da posizioni identitarie che hanno solamente depotenziato l’agire e la forza collettiva. E riteniamo di dover scendere in piazza da gennaio quando in questo paese si potrebbe consumare l’ennesima farsa e quindi durante l’elezione del nuovo capo dello stato. Questo passaggio istituzionale sarà di estrema importanza, potremmo trovarci un PDR di destra, questa destra attuale razzista feroce e reazionaria oppure trovarci Draghi al quirinale e quindi il cambiamento defacto dell’ordinamento costituzionale in quanto, oltre ad essere lui a decidere il presidente del consiglio, gli sarebbero concessi (defacto) poteri che ad altri PDR non sono ma stati concessi per rispetto delle leggi costituzionali in merito alla separazione dei poteri.

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