Comunicato degli spazi sociali in merito all'occupazione di SOLDOUT del 1-5 maggio.
Dopo alcuni giorni dalla chiusura di SOLD OUT all’interno degli Ex Poliambulatori Liberati di via Monte San Michele, proviamo a restituire queste importanti e vissute giornate di riappropriazione e rilancio politico per noi, e crediamo anche, per le lotte che ci attendono.
Prima di tutto pensiamo sia importante riconsegnare l’accoglienza che abbiamo ricevuto dai residenti del quartiere, che hanno ascoltato le nostre ragioni, condiviso con noi difficoltà e desideri, sostenuto l’occupazione. Questa accoglienza non scontata è stata fondamentale per creare quelle che sono state delle giornate ricche di politica dal basso.
Siamo uscit3 da Sold Out con elementi in più, con prospettive di avanzamento, con persone nuove con cui cospirare per la città da trasformare .
Siamo entrati in uno spazio abbandonato da quattro anni in pieno centro storico, un ex presidio sanitario pubblico, smantellato, dislocato, e messo all’asta sul mercato. Ancora non sappiamo l’esito di questa seconda asta, chiusa il 7 maggio, ma presto vedremo se la denuncia dal basso è stata accolta o se è proseguita la svenduta al miglior offerente.
Abbiamo liberato un luogo di cura sottraendolo per alcuni giorni alla rendita privata a cui è destinato. Partendo da questi due elementi si sono sviluppati gli incontri e i ragionamenti collettivi sulla città, mettendo quindi al centro due diritti fondamentali: il diritto alla salute e il diritto all’abitare.
La Salute Si-Cura
Siamo volut3 partir3 proprio dal diritto alla salute, per il significato a cui appartiene il luogo che abbiamo riaperto.
La trasformazione del SSN dagli anni 2000 a oggi, dalla transazione delle Unità Sanitarie Locali a Aziende Sanitarie (con autonomia organizzata), ha attivato dei processi di saccheggio della salute pubblica: L’ introduzione del ticket, le liste d'attesa lunghissime, l’ingresso dei privati nella gestione dei servizi, accorpamento e centralizzazione delle funzioni dei presidi sanitari, precarietà del lavoro.
Questo è un ispido percorso a ostacoli per l’accesso alle cure.
La logica odierna del servizio sanitario nazionale crea incredibili crepe nel garantire il diritto alla salute per tutt3, basti pensare alle enormi disparità tra Nord e Sud Italia. L'esodo di persone che dal Meridione vengono in Emilia Romagna viene narrato dalla Regione come un vanto per “l’eccellenza” dei nostri servizi, ma è il risultato di un sistema malato e iniquo, che dalla Pandemia ne è uscito ancora più disastrato.
L’apertura del “MIRE” al Santa Maria Nuova è un altro pezzetto di questa alterazione del SSN.Il Mire è un progetto d’eccellenza, con diversi investimenti soprattutto in iper-tecnologia, più che in capitale umano, una punta di diamante che però sorge a seguito della chiusura del punto nascite a Scandiano e Castelnovo Ne’ Monti, a un’ora di distanza in ambulanza da Reggio. La chiusura di due punti nascite non può essere semplicemente nascosta con l’investimento in aperture di reparti al Santa Maria Nuova o di Case di Comunità, spesso più progetti vetrina che funzionali, basti guardare alla Lombardia in cui i servizi e il personale mancano e quindi si delegano questi luoghi alla gestione privata.
La provincia diventa sempre di più scoperta da risposte immediate alle esigenze, così come anche i quartieri della città, esempio lampante è Via Monte San Michele.
Abbiamo bisogno di luoghi di prossimità, tra i più importanti i consultori. Un tempo questi erano spazi di cura nati dalle lotte dei movimenti femministi, dal bisogno di autodeterminare i propri corpi e di creare una rete di relazioni. Oggi si stanno progressivamente chiudendo (da nove siamo a passati a due sul territorio reggiano), svuotandoli di funzionalità e sovraccaricando di lavoro il poco personale sanitario presente. Questa mancanza di tutela di spazi così importanti per donne, soggettività trans e giovani ha portato all'emendamento della 194 che permette ai “pro-vita” di entrarvi, finanziati con sussidi pubblici, per propagandare una morale cattolica e sessista contro le persone con utero che cercano supporto, e non un’inquisizione, nella libera scelta di abortire.
Abbiamo allora bisogno di mobilitarci per la difesa e la rivoluzione della sanità pubblica, di rimettere al centro la “cura” e qualificarla, ripartendo da ciò che il transfemminismo ci insegna, infrangendo la gestione privata e aziendale del diritto alla salute.
Dobbiamo proteggere i consultori e impedire l’ingresso degli antiabortisti, tutelare la nostra libertà di scelta e farlo attraverso una battaglia che rivendichi giustizia riproduttiva e una medicina di genere non costruita sul maschio bianco-etero-cis.
Possiamo farlo partendo dalle nostre esperienze politiche e competenze, creando spazi autonomi dove i diversi bisogni possano essere il motore che accende il nostro dissenso.
Reclaim the City
Diritto alla casa è diritto alla città.
Partendo dai Poliambulatori Liberati la volontà espressa è di contrastare lo sviluppo urbano dettato da speculatori e privati che generano profitto su luoghi che devono diventare o tornare ad essere beni comuni e presidi territoriali.
La politica cittadina deve farsi carico della crescente esclusione di cittadin3 dal mercato degli affitti e assumersi il dovere di frenare la speculazione immobiliare a Reggio Emilia, dagli appartamenti sfitti agli affitti brevi, perché una “città dei diritti” (cit.) deve in primis garantire l’accesso alla casa per tutt3, e promuovere e facilitare la nascita di spazi di aggregazione e cultura svincolati da logiche di consumo che rendano Reggio vissuta da tutt3.
La nostra città è investita da processi di gentrificazione mascherati da riqualificazione. Nelle assemblee è emerso un significato diverso di rigenerazione urbana in antitesi con quello neoliberale che domina il dibattito pubblico. La nostra riqualificazione rivendica per esempio un centro storico sottratto alla commercializzazione totale, un luogo che torni ad essere quartiere, pubblico, abitato, politico e vissuto oltre lo shopping. Rivendica un turismo sostenibile che non specula su chi accede ai servizi della città e che non si basi solo sull’attrazione dettata dalla logica dei grandi eventi, ma che valorizzi il tessuto sociale esistente.
È arrivato il momento di rompere il patto pubblico-privato per sancirne uno nuovo, quello tra pubblico e cittadinanza attiva.
Il candidato sindaco Massari ha preso parola sulla nostra TAZ dichiarando che gli ex Poliambulatori sono considerati all’interno del PRU (programma di recupero urbano) per essere destinati a un’area polifunzionale, residenziale, convenzionata con privati. Ribadiamo che è esattamente questo il modello che denunciamo e che non è più accettabile e sostenibile.La prossima amministrazione deve distanziarsi da questa logica, che è causa dell’aumento di disuguaglianze sociali, e che affida l’investimento di soldi pubblici in progetti contraddittori, spesso in mano a imprenditori del malaffare, in questo senso l’arresto dell’Ad di Iren di pochi giorni fa è sufficiente per darci ragione.
Abbiamo assunto che dal basso costruiremo il nostro programma di recupero urbano, invitando tutt3 a una mappatura collettiva dei vuoti presenti a Reggio Emilia, per immaginarci nuove destinazioni e per risignificare gli spazi in funzione di un abitare sociale, contro la privatizzazione selvaggia. La promessa è che continueremo ad attaccare la rendita e a praticare conflitto.
Sold Out è stato quello che voleva essere: una breccia nella dormiente politica reggiana, una dimostrazione che la città è di chi la vive, ma soprattutto una chiamata ad allearsi per praticare l’impossibile, perché siamo convint3 che solo chi lotta per una Reggio accogliente, si-cura, transfemminista, sostenibile e di giustizia sociale ha la possibilità di dettare i termini per il futuro della nostra città e delle nostre vite.
Domenica siamo usciti dagli ex Poliambulatori con un piano, e lo metteremo in pratica.
Lab AQ16 – Collettivo Rabun – Città Migrante – Casa Bettola
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