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AVANTI, PER IL RISCATTO DI TUTTE E TUTTI!

...dalle piazze reggiane del 24-25 Aprile e del 1 Maggio, per costruire forza collettiva...




Dopo l’anno scorso in cui in piena pandemia e zona rossa non si potè scendere in piazza in forma organizzata, quest’anno siamo tornati a festeggiare la Liberazione e a porre i temi e i bisogni dei lavoratori nella giornata del primo maggio. Siamo scesi in piazza in tanti, coesi e a testa alta. Nonostante ci fossero le condizioni sanitarie le istituzioni cittadine e i sindacati confederali non hanno battuto colpo, sono rimaste, senza nessuna remora, nelle loro confortevoli stanze. Questi giorni di festa, in cui tornare a vivere con la Liberazione dal fascismo e la dignità di donne e uomini costretti a lavorare, rischiano sempre di venir trasformati in giorni di “vacanza”, svuotati dei loro chiari contenuti politici. E non può che essere così per chi, come esponenti politici e sindacali che riducono queste date a ricorrenze celebrative e nel resto dell’anno mettono in campo principi e politiche opposte al significato e agli insegnamenti tramandati da chi ha combattuto e lottato per darci la libertà dal nazifascsmo o il diritto dei lavoratori e delle lavoratrici ad una vita degna. Da una parte troviamo le istituzioni odierne, i residui dei partiti, PD in testa, che abbracciano sempre più posizioni liberali di destra per le quali il 25Aprile deve diventare una data di liberazione nazionale e non di liberazione dal fascismo, deformando la storia per adattarla ai propri scopi politici. In tutta Europa, la fine del socialismo e la vittoria del capitalismo globale ha generato una rilettura della storia che equipara nazismo e comunismo, il cui fine è di togliere valore politico all'antifascismo e alla resistenza armata dei partigiani, legittimando il capitalismo come sistema economico sociale eterno, senza alternative. La resistenza viene sempre più ricordata come un fattore storico e non politico, laddove il politico viene riassunto dalla presa di posizione e rilettura storica dell’UE di equiparazione tra nazismo e comunismo la cui funzione principale è quella di mettere all’angolo l’antifascismo politicizzato di oggi dichiarando come nemico quello di parte comunista di ieri. Per chi ci governa, appropriandosi delle istituzioni nate dalla resistenza e dalla sconfitta del fascismo europeo, l’antifascismo non deve avere bandiere o valori in contrasto con il sistema sociale odierno, deve essere uno strumento addomesticato da potere utilizzare quando serve a legittimare questo o quel potere, questa o quella necessità del momento, e per fare questo tutto può e deve essere utilizzato. Non ci scordiamo dell’utilizzo strumentale di Casa Cervi, dai 25Aprile antimafia alla continua legittimazione dei peggiori governi degli ultimi anni, da ultimo la “presenza” di Mario Draghi (che pure sul tema non ha fatto una brutta figura) presidente del consiglio in carica, banchiere di quell’UE dell’equiparazione tra nazismo e comunismo, del massacro sociale greco e dell’appoggio incondizionato ai nazisti ucraini, del silenzio sulla strage di Odessa, dei miliardi regalati al sultano Erdogan per trattenere uomini e donne in fuga da territori martoriati dalla guerra ma indesiderati in Europa. I partiti e i governi attuali, anche quelli reggiani, nel profondo del loro essere sono nemici del 25 Aprile.

Dall’altra parte il discorso è simile, traiettoria differente ma parabola che conclude la curvatura nello stesso calderone bollente. I sindacati confederali si sono ben guardati dallo scendere in piazza questo 1 maggio, e a ben vedere una scelta “giusta”. Gli ultimi passaggi dei confederali sono tali da porli direttamente fuori dal perimetro di ciò che quella data esprime. Sono andati ben oltre la concertazione. Il passaggio politico da sindacato ad ente governativo ha avuto, con la pandemia e il governo Draghi, una forte accelerazione. La realtà che si è palesata è ben peggiore di qualsiasi aspettativa. I confederali hanno definitivamente chiuso la contrattazione con il governo per essere riconosciuti come unici interlocutori, in cambio garantiscono la gestione dei licenziamenti che giocoforza dovranno essere sbloccati e per cui Confindustria martella da mesi. Se non difendi più i lavoratori, se non fai proprio più neanche una sola significativa lotta economica, se lavori per eliminare la “concorrenza” sindacale nei posti di lavoro, se fai tutto ciò e molto altro per entrare nella cerchia governativa (recovery-plan incluso) è naturale che non senti il bisogno di scendere in piazza il 1 maggio.

Nonostante questi soggetti remino contro, nella nostra città le piazze ci sono state e sono state partecipate, in maniera profonda sia in termini numerici che in termini politici. Il lavoro costante dei compagni degli ultimi anni sta iniziando a dare i suoi frutti. Non semplici ricorrenze o ricordi ma date fondanti di un irrinunciabile essere politico di parte, per spazzare quelle strade che le istituzioni, i partiti e i loro paggetti governativi hanno riempito di macerie. A questo pessimo sodalizio rispondiamo con una costruzione collettiva politica e sociale, contro l’atomizzazione, l’individualismo, la solitudine dei lavoratori e l’inedia alla quale vorrebbero ci abituassimo. Le centinaia e centinaia di corpi in strada in quelle giornate, la qualità del discorso politico che giorno dopo giorno acquisisce sostanza e si fa coscienza collettiva sono un segnale chiaro che è possibile costruire forza politica alternativa, in divenire e tendente alla socializzazione delle lotte e dei percorsi “particolari” per trasformarsi in forza generale. La crescita e l’affermazione di una forza autonoma in questa città, che si riconosca in quanto tale, non è una chimera ma una possibilità reale che dobbiamo cogliere e portare avanti. Le lotte da portare avanti sono ancora molteplici e tanti sono ancora i compagni di strada che dobbiamo incontrare e includere in questo processo. Queste giornate in cui eravamo “soli” in piazza segnano il fatto che c’è una grossa parte di popolazione che ha voglia di riscatto, politico e sociale. Come compagne e compagni, con la rabbia che ci portiamo addosso nel vedere che si lascia campo libero ai fascisti per riscrivere la storia, che i diritti e le vite dei lavoratori vengono costantemente non considerati soprattutto da chi dovrebbe difenderli (governo e padroni già si sa che fanno il loro lavoro) fino alle file dei nuovi poveri che vediamo fuori dagli spazi sociali nelle giornate di distribuzione delle cassette alimentari, non possiamo che accompagnare questo bisogno e questa voglia di riscatto e dobbiamo farlo costruendo forza cosciente e collettiva.

Quindi compagne e compagni proseguiamo, andiamo avanti, perchè ancora una volta non abbiamo da perdere che le nostre catene.

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